ARIRANG n. 2, terzo appuntamento del talkshow di Quarantena ideato da Sentieri Selvaggi, storica scuola di cinema della capitale, si apre con due cortometraggi.
Il primo è il quarto capitolo de I Racconti del Balcone, diretto da Federico Francioni, il secondo Offscreen, un docucorto in inglese realizzato da Francesco Clerici.
Due le città coinvolte: Roma e Milano.
Due gli autori: Francioni e Clerici, per l’appunto.
Due gli approcci, totalmente differenti: se Francioni lascia che siano le immagini a parlare, i frammenti di natura – il cane, la spuma del mare, il volo degli uccelli – con frasi bisbigliate e appena percettibili dalle tapparelle abbassate delle finestre, Clerici ci inonda di parole, parole disordinate, parole che si sovrappongono le une alle altre, come in un flusso di joyciana memoria.
«Non riesco a provare niente…Insomma, come mi dovrei sentire? Mia nonna starà bene? Forse la dovrei chiamare».
Il caos interiore, il senso di angoscia del giovane regista traspare dalle sue frasi sovrapposte e a tratti spezzate, prima ancora che dal contenuto delle stesse.
«The more outside the silence, the more inside my brain is noisy» confida al suo interlocutore immaginario (i contemporanei? i posteri? non è dato sapere).
Entrambe le opere filmiche o, più precisamente, documentaristiche si ergono a testimonianza di questi nostri tempi incerti.
Una sorta di neorealismo contemporaneo che mostra tutto il suo dramma nelle strade deserte, sulle pareti bianche e dietro le finestre socchiuse.
«È il 9 Marzo, quindi sono 20 giorni che non lascio il mio appartamento se non per comprare il cibo…Ogni giorno che passa le strade di Milano diventano sempre più vuote e io sono un film maker senza lavoro».
Lo smarrimento di Francesco Clerici è quello di molti professionisti che, a seguito dell’emergenza, si sono ritrovati senza occupazione.
Siamo una nave in gran tempesta con un puffo alla deriva, gli fa eco il corto di Francioni.
Azzurro, come azzurra è la nostra odiata e amata Italia.
Oppure blu, come le nostre paure più profonde.
«Sono fortunato» continua a ripeterci Clerici «ho una buona coinquilina che è anche una cara amica, un bel gatto ed un balcone»
«Sono fortunato perché dalla mia posizione vedo tutto quello che fanno i vicini»
«Sono fortunato…» come se dovesse coinvincere prima di tutti se stesso.
Ma d’altronde chi può dirsi veramente fortunato in una situazione del genere?
Messaggi d’amore e di speranza ai tempi del Coronavirus…ma qual è il tempo del Coronavirus?
Un tempo sospeso, ci verrebbe da dire, ben suggerito dal cane di Federico Francioni, che osserva la strada dal balcone come il viandante di Friedrich guardava il precipizio.
Una sensazione di inesorabile e impotente attesa che ci pervade in ogni secondo del suo breve video, la cui assenza di parole rende il silenzio ancora più assordante.
Un’assenza interrotta unicamente dal tuonare del temporale e dallo sfrecciare del treno sulle rotaie.
Un’atmosfera quasi onirica, come onirico è ciò che viviamo nelle nostre case, in cui le voci di bollettini e telegiornali arrivano attutite e sembrano provenire da un altro pianeta.
Un sogno dove è possibile affacciarsi dall’oblò del modellino di una nave avvolta dalle onde, cercando nuovi orizzonti, perché a tutto c’è un limite in questo mondo, ma non alla fantasia e alla speranza umane.
Per cui non ci resta che prendere il nostro sassofono e, come Federico, accendere un lume nelle nostre stanze buie.
Solo musica e il resto scompare.