Approda su Sky Atlantic We Are Who We Are, miniserie TV di 8 episodi diretta da Luca Guadagnino e co-prodotta da HBO e Sky, che mette Late Millenials e Gen-Z davanti alle scottanti problematiche di oggi.
La “piccola America” d’Italia
Se nel passato gli immigrati italiani si congregavano nelle varie Little Italy sparse per le grosse città degli Stati Uniti, oggi Luca Guadagnino, regista e co-autore di We Are Who We Are assieme a Paolo Giordano (scrittore de La solitudine dei numeri primi) e Francesca Manieri (sceneggiatrice di Veloce come il vento), plasma una Little USA in Veneto.
La location principale della miniserie è, infatti, quella di una fittizia base militare statunitense a Chioggia, dove ogni stereotipo della cultura americana trova collocazione: dagli scaffali dei supermarket rigonfi di biscotti, ai campi da football costantemente in irrigazione, fino alle indistinguibili facciate delle case color pastello.
Non mancano, però, come già avvenuto in A Bigger Splash e Chiamami Col Tuo Nome, quei piccoli e inaspettati momenti di italianità che deliziano lo spettatore nostrano, come un goffo balletto sulle note di Anna Oxa, una parata medioevale, una birra ghiacciata in un baretto di provincia, un happy hour da rimorchio in spiaggia o una radio che risuona Calcutta.
Guadagnino fotografa le scene con una luce naturale limpida e cristallina, nonostante le agitazioni dei personaggi, e fa un uso ragionato delle ambientazioni esterne, spesso abbinate agli stati d’animo. Una delle prime scene vede un gruppo di amici in mare aperto, premonito delle problematiche che, come onde, si troveranno a fronteggiare.
Un microcosmo di personaggi variegati
La vicenda si snocciola partendo dall’arrivo a Chioggia di Fraser (interpretato da Jack Dylan Grazer), uno scorbutico quattordicenne newyorkese trasferitosi in Italia con la mamma (Chloë Stevens Sevigny), nuovo colonnello della base, e la moglie di lei.
Saranno gli incontri con gli altri personaggi che popolano la base militare a tessere il tappeto di trame e sotto-trame dei vari episodi.
I primi due narrano gli stessi identici avvenimenti, circoscritti a un paio di giorni, ma da prospettive differenti. Prima il punto di vista dell’introverso e imperscrutabile Fraser e poi quello della sua vicina di casa e compagna di scuola Caitlin, una ragazzina alla ricerca della propria identità di genere.
Tra gli altri protagonisti annoveriamo il padre patriarcale (il rapper Kid Cudi in veste di attore), l’adolescente sessualmente famelica (Francesca Scorsese, figlia di quel Scorsese) e il giovane di colore in crisi religiosa (Spence Moore II).
Lo svolgersi della trama va controcorrente rispetto alla maggioranza delle serie televisive, principalmente incentrate sui colpi di scena, poiché qui la dilatazione temporale e il ripetersi degli eventi serve ad entrare in empatia con i protagonisti e a comprenderne la psicologia.
La quarta puntata, ad esempio, si svolge quasi completamente in un unico ambiente interno con un assenza semitotale di avvenimenti, ma pennella minuziosamente sensazioni, euforia ed incertezze.
We Are Who We Are: uno specchio sul mondo di oggi
Sono presenti momenti provocatori, scene di sesso e nudi integrali, ma gli autori sembrano più interessati a farci ragionare sulle controverse tematiche contemporanee a discapito del mero intrattenimento.
Solo nei primi quattro episodi si introducono concetti legati a omosessualità, omogenitorialità, fede, pubertà, alcolismo, dipendenze, rapporto conflittuale genitore-figlio, sesso e politica.
Quest’ultima è un background più o meno costante, in quanto tutta la vicenda è ambientata durante la campagna politica di Trump del 2016.
Una scelta valorosa quella di avvicinare i giovani, protagonisti e target della miniserie, a dibattiti così scottanti, ma altresì veri ed universali da scindere il mondo di finzione in cui nascono. Non a caso gli otto episodi sono tutti intitolati Right here, right now.
Proprio qui, adesso, tutti noi combattiamo le medesime battaglie, che hanno come denominatore comune il raggiungimento di un’identità personale definita e soprattutto accettata socialmente. Noi siamo chi siamo, con buona pace di chi non è daccordo.