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The Mandalorian: l’unico motivo per credere ancora in Guerre Stellari

The Mandalorian – Andiamo (quasi) subito al sodo. Dall’ottobre del 2012, da quando, cioè, la Disney ha comprato per oltre 4 miliardi di dollari la Lucasfilm, l’universo di Star Wars ha subìto un tracollo devastante in termini di apprezzamento, appeal, trama e personaggi. L’ultima trilogia, ovvero Episodi 7, 8 e 9 rappresentano, per usare un eufemismo, una saga inutile.

Bob Iger, attuale Presidente Esecutivo del Consiglio di Amministrazione della Walt Disney Company, disse che avevano “intenzionalmente creato un mondo visivamente e totalmente connesso ai film precedenti per non allontanarci troppo da ciò che la gente amava e si aspettava“. Doppio errore.

Il flop dell’ultima trilogia

Se da una parte, infatti, l’esercito dei fan di Star Wars, tra cui lo stesso George Lucas, rimaneva e rimane tuttora legato sentimentalmente e cinematograficamente alla prima trilogia, d’altra parte oggi si ha bisogno di altro.

Le aspettative degli appassionati non erano quelle di rivedere i soliti personaggi, i soliti pianeti, la solita trama (che, per inciso, si chiude con l’Episodio 3 e la nascita di Darth Vader), ma di gustare qualcosa di nuovo, qualcosa di mai visto prima.

La storia doveva semlicemente andare avanti, ma senza Luke e Leia Skywalker.

Lucas stesso confessò a Bob Iger di “essere rimasto deluso due volte“: una quando lesse la sceneggiatura dell’Episodio 7, l’altra quando vide in anteprima il film.

Il padre di Star Wars aveva in mente nuovi mondi, nuovi personaggi e nuove tecnologie. Ma questo accade quando vendi per 4 miliardi di dollari tutta la tua eredità: lasci, inevitabilmente e legalmente, il controllo di tutto ai nuovi proprietari.

Cosa ti aspettavi George?

George Lucas e J.J. Abrams, che ha diretto l’ultima trilogia

La resurrezione

Così, dopo 9 anni dall’acquisizione e tre nuovi film flop, ecco che tra l’universo di Star Wars e l’esercito di fan si è creato man man uno iato incolmabile e un odio verso il passato che lentamente si è trasformato in nostalgia (canaglia) e aberrante rifiuto.

E poi? E poi Dio mandò Jon Favreau, Dave Filoni e Pedro Pascal a sistemare la situazione.

Rispettivamente i produttori esecutivi di The Mandalorian (insieme al braccio destro di Lucas Kathleen Kennedy) e l’attore che interpreta Din Djarin, Mando per gli amici. E nemici.

Passato e futuro si fondono in The Mandalorian

La provvidenza (o le perdite di soldi e interesse per l’intera saga?) ci mette una pezza e le due stagioni andate in onda sul canale streaming di Topolino hanno riempito lo iato incolmabile e dato un calcio (tanto atteso quanto definitivo) ad Episodio 7, 8 e 9.

Perché? Perché fondamentalmente The Mandalorian non si limita ad omaggiare il passato, lusingandolo con futili inchini e rimandi espliciti vomitevoli, ma lo utilizza, approfittandone con saggia irriverenza a volte, per dire qualcosa di nuovo.

Finalmente.

I legami con le vecchie trilogie (ci metto pure la seconda va’, ma la terza mai e poi mai) sono evidenti, Baby Yoda in primis, ma si fondono felicemente con una trama western sci-fi che risalta i personaggi dandogli spessore, personalità e importanza.

Ma soprattutto novità.

La carica emotiva di Moff Gideon (il superlativo Giancarlo Esposito), per esempio, è dovuta al suo retaggio imperiale, ma con altri scopi e piani diversi.

Le nuove truppe-dark armate ricreano le atmosfere di avventura e battaglie dei primi tre film senza mai copiare niente da loro. La stessa Ahsoka Tano (la splendida Rosario Dawson), una degli ultimi jedi rimasti sparsi chissà dove nell’universo, si rivela essere l’anello mancante ed esplicativo del rapporto, sempre più stretto (e per questo pericoloso), tra Mando e Grogu (Baby Yoda).

Un format azzeccato

L’attaccamento, primo passo verso il lato oscuro della forza, proibito e tabù per i jedi, ma unica causa determinante di tutto questo trambusto, insidia l’apparente innocenza di Baby Yoda, colorando di suspense e dubbio l’integrità di una razza che, fino ad oggi, si era mostrata regina di moralità e prudenza. Rendendola probabilmente più umana e meno fastidiosa.

The Mandalorian rimette in discussione tutto ciò che in Star Wars era consolidato e scontato: le stesse truppe della Nuova Repubblica si vestono di ambiguità, dando la caccia a Mando in ogni pianeta.

Chi era amico ora è il nemico, chi era il nemico ora è un amico di cui fidarsi (più o meno): succede per Greef Karga (Carl Weathers), Cara Dune (Gina Carano) e Bo-Katan Kryze (Katee Sackoff).

La seconda stagione forse si muove su un binario più lento rispetto alla prima, ma il minutaggio più che contenuto delle puntate (poco meno di 40 minuti in media) la rende godibile e leggera. I plot delle singole puntate seguono più o meno lo stesso schema in entrambe le stagioni, ma il finale vale il gioco.

Il futuro di Star Wars

Il peso e il retaggio di una così importante e pericolosa storia come quella di Guerre Stellari, viene sorretto con maestria e innovazione da Pedro Pascal. Il futuro è suo… e di Boba Fett (Temuera Morrison): il finale nascosto dell’ultima puntata della seconda stagione infatti, lascia spazio all’immaginazione e al desiderio dei fan di vedere il cacciatore di taglie in uno spin-off tutto suo.

Probabilmente siamo solo all’inizio di un progetto molto più grande: alcune indiscrezioni parlano non solo di una terza stagione di The Mandalorian, ma anche degli spin-off dedicati, appunto, uno a Boba Fett e l’altro proprio alla jedi Ahsoka; si vocifera, infine, di un mega speciale. Speriamo non alla Avengers.

The Mandalorian: Non è la fine

The Mandalorian riscatta il nome Star Wars, cancella l’ultima trilogia e propone qualcosa di nuovo, sconvolgendo il passato, ma senza distruggerlo, riferendosi a lui ma senza citarlo apertamente, fondendosi con esso, ma senza umiliarlo.

Così come accade nell’ultima puntata della seconda stagione, che, senza dover per forza omaggiare un passato che sta lì e che nessuno può toccare, ne rispetta il tempo, la trama e l’eredità.

The Mandalorian è la novità in una galassia lontana lontana: è ciò di cui avevamo bisogno e che i tanti fan della saga si meritavano.

La delicatezza con cui la seconda stagione si conclude, segno di un rispetto nei confronti della fandom e verso il prodotto stesso che l’ultima trilogia non ha mai avuto, ci fa confermare e ribadire che, paradossalmente (ed è questo il bello), The Mandalorian incarna “Una Nuova Speranza” per tutto l’universo di Guerre Stellari.

Luca Nasetti
Luca Nasetti
Laureato in Filosofia della Religione e giornalista professionista dal 2008. Appassionato di giochi di ruolo da tavolo e dal vivo, letteratura fantasy e cinema.

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