Tenet, ultima fatica del regista Christopher Nolan – lo stesso della trilogia di Batman più famosa e riuscita, prima che il Progetto DC rovinasse tutto – convince e soddisfa.
Se il blasonato regista già di per sé potrebbe rappresentare una sicurezza, a rendere meritevole Tenet va ad unirsi anche un’ottima scelta dei suoi interpreti e uno sviluppo di trama ben pensato che soddisferà gli amanti del genere.
Per inciso e per fare chiarezza: questo non è un film di guerra come dal trailer potrebbe trasparire, ma senza ombra di dubbio siamo nell’ambito della fantascienza.
Il tema è uno dei più tipici del genere: quello del viaggio nel tempo.
A me occhi e orecchie!
Unire le trame dei film di Nolan, già complesse di loro, al meccanismo dei viaggi nel tempo può sembrare un’impresa titanica.
Di fatto lo è, se si aggiunge la durata di ben due ore e mezza che caratterizza la pellicola. E fidatevi, sono ore in cui la vostra testa non avrà diritto di scollegarsi neppure per un nanosecondo.
Sottovalutare una frase, uno scambio di battute o anche solo un’occhiata tra due soldati, potrebbe farvi perdere il filo. E non c’è alcuna Arianna che possa riportarvelo!
Un’attenzione massima per tutta la durata della pellicola è, dunque, una premessa necessaria per poter capire e godere appieno di questo film.
Non fraintendetemi però, non si tratta di un rimprovero. Per la verità l’unica critica che si può muovere a Tenet è una scarsa caratterizzazione della sorpresa nei personaggi.
I protagonisti non si stupiscono come dovrebbero, anche di fronte a meccanismi e situazioni che sono loro alieni.
Per fare un esempio, il protagonista – che continuiamo a chiamare così perché di fatto il suo nome non viene mai svelato allo spettatore – entra subito nel vivo dell’azione utilizzando i dispositivi invertiti che gli mettono a disposizione e di cui gli hanno appena spiegato la funzione.
Una funzione che per altro esula dalla fisica da lui conosciuta fino ad allora.
Come? Vi chiedete cosa significa il termine invertito applicato ad un dispositivo?
È il concetto base dell’intero film!
Il Concetto di Soggetto Invertito
Nolan gioca con i viaggi nel tempo, ma lo fa in un modo finora mai esplorato: non è un individuo ad andare indietro nel tempo, ma è il tempo ad andare indietro nell’individuo.
Grazie ad una tecnologia del futuro, alcuni oggetti – e conseguentemente anche alcune persone – si presentano invertiti.
Per un soggetto/oggetto invertito il tempo non scorre in modo progressivo, bensì a ritroso. Esso si estranea dalla realtà e dal tempo della realtà, dove quest’ultimo procede in modo lineare, secondo la triade passato-presente-futuro.
L’esempio che Tenet ci presenta e che in avvio di film viene spiegato al protagonista da Clémence Poésy – la Fleur di Harry Potter. L’avevate riconosciuta? – è quello di un proiettile. Esso non viene sparato, perché essendo invertito lo è già stato, ma torna all’interno dell’arma seguendo la volontà di chi lo ha sparato.
Non avete capito? Beh… Ve lo avevamo detto che non sarebbe stato un film davanti a cui rilassarsi, no?
Interpretando così il concetto di linearità temporale, Nolan aggiunge un pezzo al classico modus operandi di questo tipo di fantascienza, dove il viaggiatore si ritrova di punto in bianco da un anno all’altro, da un’epoca all’altra, con l’ausilio di una macchina del tempo.
Il regista toglie l’immediatezza del processo, portando un soggetto da un punto A del tempo ad un punto B precedente ad esso ma… a “piedi”.
E dunque possiamo osservare come tale soggetto si muova e cosa il suo intervento cambi nel corso degli eventi che abbiamo già visto.
Ci rendiamo conto che non sono concetti di facile spiegazione (specie per chi non è avvezzo a discorsi di tipo scientifico o fantascientifico), ma come si suol dire: “è più difficile a dirsi che a farsi”.
Considerazioni su Tenet
Il film Tenet ci ha “riportato al cinema” dopo la quarantena e, a mani basse, ha conquistato il posto di titolo più meritevole tra quelli attualmente proposti nei cinema.
Ve lo consigliamo perché è un’ottima visione per ricominciare la – sana – abitudine di tornare in sala a guardare un film, con quei brividi e quello stupore che solo un maxischermo riesce a trasmettere.