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Sabrina Spellman contro Lovecraft: la teen-serie cade nel “vuoto cosmico”

Non si è mai capita bene la suddivisione della serie Chilling Adventures of Sabrina, CAOS per gli amici.

In effetti un bel po’ di confusione c’è stata nel release della quarta stagione, o meglio la quarta parte…ah no, la seconda parte della seconda stagione… cioè volevo dire le ultime otto puntate che vedono Kiernan Shipka (l’ex Sally Draper di Mad Men) nelle vesti della mezzo-sangue strega-mortale Sabrina Spellman.

Un certo merito e un insensato coraggio, però, vanno dati a Netflix per questa originale teen-serie, sia nel mandarla in onda (in meno di due anni), sia nel chiuderla definitivamente.

Decidete voi quale sia il merito e quale il coraggio.

Un restyling dark

Per carità, rimane sempre un prodotto per adolescenti, quindi alzare le aspettative sarebbe anche piuttosto da ingenui, ma se da una parte il target imponeva di evitare sesso esplicito alla Game of Thrones per intenderci (qualche mutanda, però, si vede qua e là), dall’altra lo streaming ha evitato la censura e così i fiotti di sangue, i morti ammazzati, i rituali occulti e magici, le blasfemie varie, gli zombie che vanno a scuola, le resurrezioni incontrollate e amorali, le preghiere inneggianti al diavolo e persino un’Accademia dedicata prima a Lucifero e poi ad Ecate non fanno troppa “notizia”.

D’altronde sono i passatempi normali dei giovani di oggi. Il sesso invece no. Tabù.

Di sicuro successo, invece, fra i teen abbarbicati sul divano per pandemia, è stato dare alla serie un’azzeccata e non banale sfumatura dark.

Il personaggio Archie Comics di Sabrina infatti, nel corso della sua storia, ha subìto già numerosi restyling: dai fumetti alla sitcom Sabrina – Vita da Strega, andata in onda in tv (quindi sotto censura) negli anni novanta e dove in sette stagioni l’incantesimo più malvagio è stato quello di trasformare l’acqua in the.

Ma se horror doveva essere, allora horror sia! Cavalcare l’onda contemporanea, oscura e maledetta dei personaggi belli e tenebrosi (pensiamo a ShadowHunterS, per esempio, o a Ruby Red) amati dai giovani di oggi, era l’unica cosa più logica per quelli del team Aguirre-Sacasa (gli stessi di Riverdale, per intenderci).

E così ecco l’errore, anzi l’orrore più banale che si possa commettere quando si fa cinema o tv: nominare invano il nome di Howard Phillips Lovecraft.

Non basta avere i tentacoli per fare paura

Per chi non sapesse chi sia H.P. Lovecraft si limiti a giudicare la serie su Sabrina come una fra le tante nel panorama contemporaneo e neanche fatta tanto bene.

Per chi invece sa chi sia H.P. Lovecraft e ha letto con attenzione almeno qualcuna delle sue opere, be’, mi spiace ma concorderà che questa serie è un prodotto piuttosto cringe.

Imbarazzante sì. Francamente non si capisce quale fosse lo scopo degli autori quando hanno deciso di inserire nel main-plot figure e personaggi ricalcati esplicitamente sugli orrori e gli abomini descritti nei racconti di Lovecraft.

Una volta chiusa la storyline di Sabrina come figlia di Lucifero, Stella del Mattino nella terza stagione, forse serviva qualcosa che andasse oltre il diavolo, qualcosa che fosse più potente di Belzebù, qualcosa che potesse minacciare la terra più che una semplice maledizione o invasione di zombie, per continuare ad avere l’attenzione dell’adolescente annoiato.

Ma non era affatto necessario andare a scomodare i Grandi Antichi come Cthulhu o Yog-Sothoth.

Fortunatamente nessuno di loro appare di fatto nella serie, ma in ogni puntata Sabrina, i suoi amici liceali e le ziette Ilda e Zelda affrontano ogni giorno un diverso orrore di Eldritch (che non è una città o un luogo, ma un nome per indicare qualcosa di molto più antico, anche dell’universo stesso) come se si stessero mangiando un piatto di pasta al burro e parmigiano dopo il caffellatte.

Ora, senza stare a spiegare nel dettaglio (servirebbe un approfondimento a parte), la “paura” e il “terrore” descritti nelle opere di Lovecraft non è per i mostri, i loro tentacoli, i denti aguzzi o il sangue che sgorga dai corpi lacerati.

I personaggi dello scrittore di Providence devono affrontare qualcosa di più grande, qualcosa di più inconsciamente e paradossalmente tremendo: l’alienazione.

L’ignoto

La paura è il sentimento più antico dell’uomo, diceva Lovecraft, e la paura più grande è quella per l’ignoto.

Ciò che fa paura è tutto ciò che si ignora, che non si conosce, che non rientra in categorie sensibili o che non può essere (ancora) conosciuto. E nonostante ricerche, investigazioni e studi su eventi terribili e incontri poco piacevoli, tutto continua ad essere così impossibile.

Anzi, più ci si imbatte in qualcosa che non avrebbe senso di esistere, più tutto ci appare logico e sensato, ma l’anima lo rifiuta come probabile. L’angoscia di non ricavarne un ragno dal buco diventa la consapevolezza di vivere in un mondo non come padroni, ma come servi.

Da qui alla pazzia è un attimo. Fino all’insanità mentale che, oltretutto, disprezza la morte e condanna l’individuo ad una vita eterna di sogno e follia.

sabrina con un mostro dietro di lei

Gli orrori e gli abomini lovecraftiani spingono la mente dell’uomo a pensare la Terra non più come casa propria, ma come casa loro, cioè di esseri più antichi persino di Dio (tentacolosi certo, ma anche caotici ammassi di occhi, carne e senza forma).

Non solo, ma la sinistra presa di coscienza di questa verità accompagna l’ineluttabile nuovo avvento, sulla terra stessa, della progenie stellare di quei mostri dopo millenni di attesa.

Non sono loro gli estranei, ma è l’uomo ad essere l’alieno in terra.

La morte apparirebbe come l’unica soluzione alla continua, perenne, caotica, eterna ed infinta pazzia e follia. La morte, per Lovecraft, non deve far paura, perché si sa cosa sia, è la vita che dovrebbe farne.

In Sabrina niente di tutto questo accade. Gli orrori sono il bullo di turno da sconfiggere e rimettere in riga (tema adolescenziale, effettivamente). Nessuno ne ha paura, ma tutti hanno fretta di eliminarli. Nulla è ignoto, tutto è probabile e tutto ha una soluzione logica già scritta.

Tutti gli abomini o orrori che la nostra eroina deve affrontare sono già lì a portata di mano: come le portate di un banchetto nuziale che vengono apparecchiate in tavola una dopo l’altra ed evocate, per così dire, da un uomo “debole” che con molta arroganza cambia il suo nome da Blackwood a Padre Lovecraft.

Un affronto.

Sabrina: un horror non-horror

Sabrina è una serie horror, ma non fa paura. Non ci sono neanche mai stati in quattro stagioni momenti jumpscares, cioè quelle scene che al culmine della tensione esplodono in un BU! secco e ad alto volume che ti spezza le coronarie facendoti saltare letteralmente dalla poltrona.

Ma il punto è proprio questo: non basta rappresentare qualcosa di raccapricciante o di schifosamente orrendo per potersi permettere di citare Lovecraft.

Miranda Otto

Nota a parte. In una serie tutta al femminile, dove il maschio alpha per eccellenza, Satana, è in balia di sentimenti terreni e della determinazione di donne forti quali Lilith e Sabrina stessa, degna di essere segnalata è l’attrice neozelandese Miranda Otto.

Nella serie interpreta la zia saggia Zelda Phiona Spellman e che pochi adolescenti ricorderanno come Eowyn ne “Il Signore degli Anelli“.

Doppiaggio non proprio indovinato, ma la sua bellezza e bravura spiccano su tutte le altre, in uno show che non ha sfruttato in pieno il suo potenziale.

Luca Nasetti
Luca Nasetti
Laureato in Filosofia della Religione e giornalista professionista dal 2008. Appassionato di giochi di ruolo da tavolo e dal vivo, letteratura fantasy e cinema.

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