Il lavoro congiunto di Martin Scorsese, Steven Zaillian e Charles Brandt ci regala uno dei migliori film dell’anno
Martin Scorsese torna ancora una volta al genere per il quale è più apprezzato, dopo “Mean Streets” (1973), “Quei Bravi Ragazzi” (1990), “Casinò” (1995), “The Departed” (2006) ed il primo episodio di “Boardwalk Empire” (2010). Si parla ovviamente di gangsters, mafia, crimini, omicidi e mazzette, ed in questo caso anche di politica e sindacati.
Il libro da cui è preso il film: I Heard You Paint Houses
Il film è un adattamento dello sceneggiatore Steven Zaillian dal libro di Charles Brandt del 2004 “L’irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa” (I Heard You Paint Houses).
Anche in questo caso la traduzione del titolo lascia a desiderare nel bel paese, siamo lontani dall’orribile “Se mi lasci ti cancello” (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), ma è abbastanza evidente come si venga a perdere il fascino di una brillante citazione tipica di quelle frasi a doppio senso da criminali che nascondono cruenti significati come omicidio, furto e pestaggio.
Inoltre, nonostante il film tratti argomenti reali e ben noti, non è mai consigliabile a mio parere inserire nel titolo un qualsivoglia spoiler riguardante il finale della storia.
Trama del film (ATTENZIONE SPOILER)
La trama segue la vita dell’assassino di Jimmy Hoffa (Al Pacino), Frank “l’irlandese” Sheeran (Robert De Niro) sotto forma di intervista allo stesso ormai molto anziano e abbandonato al suo destino in un ospizio, partendo dall’inizio della sua carriera come fattorino, lavoro grazie al quale entra in contatto con la famiglia Bufalino, nota famiglia criminale di Filadelfia.
Dopo essere stato accusato di furto Frank viene difeso dall’avvocato della famiglia, Bill Bufalino (Ray Romano) e incontra per la prima volta suo cugino Russel (Joe Pesci) con il quale instaura un’amicizia duratura fondata su un profondo legame di rispetto e fedeltà reciproca.
Da quel momento in poi inizia per Frank l’ascesa nella malavita di Filadelfia, passando da tuttofare a picchiatore fino a diventare la guardia del corpo di Jimmy Hoffa in persona.
Da questo punto in poi il film si concentra sul rapporto tra Frank e Hoffa per sottolineare l’intimità e la fiducia che viene a crearsi tra i due.
Fiducia che viene tradita poco prima del finale quando l’irlandese, avendo ricevuto ordini “dall’alto”, viene inviato ad assassinarlo, dato che nonostante i molti avvertimenti sia da parte di Russel che di Frank stesso non si “ritira a godersi la pensione” come gli viene suggerito.
Nel finale si arriva al presente e vediamo Frank, ultimo sopravvissuto di quel mondo di gangster, assassini e criminali, che si prepara alla morte nella solitudine più disperata, causata dai difficili rapporti con le sue figlie e in particolare con Peggy (Anna Paquin) che, affezionata fin da piccola allo “zio Jimmy”, chiude il rapporto con il padre non appena intuisce ciò che ha fatto.
Il cinismo dell’irlandese e le sue conseguenze
È interessante notare, verso la fine del film, come Frank affermi di non provare rimorso per le sue azioni.
Nel prepararsi concretamente e spiritualmente alla morte compra la sua stessa bara e comincia a pregare con l’aiuto di un prete, il quale cerca senza successo segni di pentimento, nonostante i molti crimini di cui si è macchiato fra cui l’assassinio di una persona così vicina a lui e alla sua famiglia.
Il regista sembra voler condannare le azioni di Frank le quali lo hanno portato a vivere, nei suoi ultimi anni, un inferno in terra fatto di solitudine, malattia e abbandono.
Gli anni cominciano a farsi sentire per il cast stellare di questo film ma questo non compromette la recitazione degli attori come ci si può facilmente aspettare da artisti del calibro di Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci e Harvey Keitel, i quali vengono ringiovaniti – e anche invecchiati in piccola parte – dai miracoli della computer grafica e del make-up.
La massima espressione di questi effetti speciali si ritrova in alcune scene ambientate durante la seconda guerra mondiale, ricordi di gioventù del vecchio Frank, nelle quali vediamo un Robert De Niro trentenne che inizia a fare esperienza per quello che sarà il suo futuro lavoro, facendo “pulizie” per l’esercito.
Tre ore e mezza di spettacolo
Questo epico racconto di tre ore e mezza e, ciò nonostante, neanche lontanamente noioso vi terrà incollati alle poltrone del cinema o al divano di casa, a seconda di dove sceglierete di goderne, con azione, dramma, tradimenti e anche commedia, perché Scorsese riesce a creare un arcobaleno di emozioni concentrandosi soprattutto su un senso di malinconia che ci pervade dai primi momenti fino a impossessarsi della quasi totalità del finale.
Nonostante le teorie asserite da Charles Brandt nella sua biografia di Sheeran non esistono prove concrete che incolpino quest’ultimo dell’assassinio di Jimy Hoffa, ma il regista si concentra maggiormente sulla fine di questi “grandi uomini”, autoproclamatisi re e nobili di Filadelfia, che mantengono il loro potere con la violenza, ormai fragili e malati anziani dimenticati dal mondo e dalle loro stesse famiglie.