Split aveva attirato la mia attenzione già dal primo trailer per due fondamentali caratteristiche che ai miei occhi si tramutano in garanzia di un ottimo spettacolo.
Il regista è Night Shyamalan, da anni impiegato nella produzione di thriller caratterizzati da idee di base geniali con ottimi risultati (su tutti consiglio Signs, un autentico capolavoro del genere, a mio parere. Ma potrei citare anche il ben più noto Sesto senso) e l’attore protagonista è James Mcavoy, lo stesso di Wanted (di cui probabilmente parlerò in un articolo a parte, poiché lo reputo uno dei miei film preferiti) e di X-Men, nei panni del Professor Xavier da giovane.
Queste premesse non hanno tradito le mie altissime aspettative.
Split: Trama
Al termine di una festa tra compagni di classe, tre ragazze si apprestano a tornare a casa ma a casa non arriveranno mai.
Un uomo infatti le rapisce, tramortendo il padre di una di loro e rubando l’auto su cui erano salite dopo averle narcotizzate.
Le tre scoprono presto, risvegliandosi in un’angusta stanza del tutto simile ad una cella, di essere state prelevate per essere offerte in sacrificio ad una bestia leggendaria che il rapitore avrebbe in tal modo risvegliato.
Ma forse sarebbe più corretto dire “rapitori” anziché rapitore, poiché l’uomo soffre di un disturbo dissociativo della personalità molto forte.
In lui si celano ben ventitré personalità diverse. Alcune davvero molto pericolose.
Riusciranno le ragazze a sfuggirgli e a salvarsi o l’intento dell’uomo verrà portato a termine?
Sei personaggi in cerca d’attore
Shyamalan ci propone come soggetto principe della storia uno psicopatico con ben 23 personalità dentro di se che a turnazione vengono interpretate da uno STRAORDINARIO McAvoy.
In questo film l’attore scozzese interpreta ben sei ruoli distinti, tirando le somme, poiché sei sono le personalità che maggiormente hanno vita nel film.
E tutte sono interpretate come fossero entità diverse e distinte, ognuna con il proprio carattere e modo di pensare/agire, senza che tu possa avere dubbi su quale personalità si sia manifestata. Riesci sempre, in ogni istante, seppure i vestiti indossati appartengono ad un’altra delle personalità, a capire quale di esse stia controllando il corpo del giovane Kevin grazie alla recitazione di McAvoy che riesce con una diversa mimica facciale o un diverso tipo di postura a disambiguare in maniera perfetta.
Lo stesso regista ha affermato in un’intervista che per interpretare il soggetto principe del film non serviva “un attore che fosse bravo, ma un attore che fosse perfetto”. Dicendosi poi soddisfatto della perfezione che McAvoy ha saputo dare al suo Kevin. O al suo Dennis. O alla sua Patricia. O al suo Barry. Insomma…avete capito!
Appurata la qualità della recitazione principale, parliamo ora anche di altro. Perché non pensate che questo sia un film gradevole solo per il protagonista.
Split e i suoi filoni narrativi
Allarme spoiler! Se non hai ancora visto il film ma hai intenzione di farlo salta questo paragrafo e passa al successivo.
All’interno di Split si può individuare una trama ben sviluppata in cui nulla sembra sia lasciato al caso.
Trama che si sviluppa piano piano davanti agli occhi dello spettatore, incatenata in modo superbo tra tre principali filoni: quello che segue il rapimento delle tre ragazze ad opera del protagonista, il passato di una di queste tre ragazze, attraverso flashback della sua (ahime’) segnata infanzia, e gli studi sulle patologie mentali della psicologa sotto cui Kevin è in cura, forse passato in secondo piano nel film ma che comunque offre uno spunto di riflessione interessante.
Ciò che la dottoressa cerca di portare avanti è la teoria per cui chi soffre di personalità multiple sia in grado, con la sola forza della mente, di modificare la materia (in questo caso la propria, arrivando a vedersi per esempio donna in un corpo da uomo, ma non solo, anche per quanto riguarda particolari malattie. È il caso di Barry che soffre di diabete sebbene nessun’altra personalità abbia questa malattia. Dunque Kevin è diabetico solo quando “veste” i panni di Barry).
E allora perché mai dovrebbero essere, secondo luogo comune, creature inferiori e malate piuttosto che superiori? È possibile che non abbiano una malformazione del cervello ma piuttosto che lo abbiano al contrario sviluppato ad un livello superiore?
Ovviamente il concetto viene poi estremizzato nella trasformazione in Bestia, la ventiquattresima personalità, dove il corpo muta quasi all’inverosimile facendogli acquisire velocità, resistenza e forza sovrumane, ma quello fa parte dell’immaginario scenico del film.
Al contrario invece della figura di Kevin di cui però parleremo nel prossimo paragrafo.
I tre personaggi principali, vale a dire il soggetto con il disturbo, la psicologa (Betty Linn Buckley) e la ragazza schiva (Anya Taylor-joy) hanno dalla loro una logica interna inattaccabile e anzi apprezzabile nel loro manifestarsi, che giustifica il loro agire.
Casey, la ragazza, si è ricoperta di magliette per nascondere i segni di un passato (e probabilmente un presente) da seppellire, lo psicopatico vuole diventare la Bestia, l’eccellenza di ogni caratteristica, così da non essere più vittima del mondo in cui ha trovato solo sofferenza sin da quando è nato e la psicologa come detto in precedenza, vuole portare avanti la sua tesi e allo stesso tempo si fa promotrice di un cambiamento che ritiene possibile nei soggetti che osserva, volendoli aiutare a trovare la propria luce nel bene. Sono personaggi profondi, ben scritti e altrettanto ben interpretati.
Se ci si sofferma sulla ventiquattresima personalità, per quanto ci si presenti totalmente disumana, si può al contrario cogliere in essa un barlume di umanità.
Perché a salvare Casey dalla sua furia è l’empatia che questo prova nei suoi confronti, nel vederla vittima proprio come lui. La definisce un essere superiore, poiché solo chi soffre è “puro“, per sua stessa definizione.
Nella ragazza lui riconosce se stesso, un qualcuno come lui, e può capirla. Casey non è un nemico, qualcuno con cui vale la pena prendersela, ma è altresì un’alleata nella sua personale guerra contro il mondo.
L’ultimo confronto tra i due ritengo sia la scena migliore dell’intero film!
Quando finalmente scopriamo perché Casey indossa davvero tante maglie oppure quando ci viene spiegata la definizione che il protagonista dà alle parole “puro” e “impuro” e infine quando i due sembrano “toccarsi” pur non toccandosi.
Tracce di verità: ispirazione di Split
Il personaggio di Kevin è ispirato ad una figura realmente esistente, tale Billy Milligan, condannato per il rapimento, lo stupro e la rapina ai danni di tre studentesse statunitensi ma successivamente assolto perché affetto dal disturbo dissociativo di personalità che lo rendeva, di fatto, incolpevole delle azioni da lui esercitate.
E’ stato il caso che ha creato un precedente nella storia intera dell’apparato giuridico statunitense e del mondo.
Sebbene Billy abbia poi effettivamente vissuto la sua vita in condizione di simil prigionia, passando da un istituto psichiatrico ad un altro, passando per diversi carceri in stile Arkham Hospital.
Milligan aveva in se lo stesso numero di personalità di Kevin e più o meno lo stesso modus operandi per cui “prendevano la luce“.
Se l’argomento vi ha stuzzicato e volete saperne di più, vi consiglio un libro-documentario sul caso di Billy intitolato “Una stanza piena di gente” scritto da Daniel Keyes, che ripercorre la sua vicenda e la storia dello sventurato sin dall’origine, analizzando anche le varie personalità generate dal suo disturbo.
Il finale di Split e il seguito nella trilogia
Allarme spoiler! Se non hai ancora visto il film ma hai intenzione di farlo salta questo paragrafo e passa al successivo.
Il finale rientra negli standard del regista, considerando le sue opere precedenti, in cui alla chiusura del cerchio si arriva quasi sempre.
In questo caso Kevin (o Patricia, o Dannys, o Bestia…insomma McAvoy!) è a piede libero con una potenza fisica fuori da ogni possibilità umana, sembrando dunque inarrestabile.
Shyalaman pesca così dal proprio passato, in particolare dal suo film Unbreakable-Il Predestinato del 2000, rispolverando un Bruce Willis in veste dell’uomo indistruttibile protagonista di quel film. Tutto ci lascia intuire che ci penserà lui a sistemare la questione “Orda”.
Con questa ultima scena, il film si propone come canonico sequel di quell’Unbreakable che all’uscita, ormai sedici anni fa, era stato dichiarato come il primo capitolo di una trilogia a quanto pare naufragata salvo poi essere riportata in vita in questa occasione.
Che Split sia il secondo capitolo di questa fantomatica trilogia ormai è sicuro.
Il mio consiglio è dunque quello di recuperare entrambi i film, se anche solo uno dei due vi è piaciuto, e prepararvi.
Il terzo capitolo si chiama Glass e regalerà altre emozioni.
Conclusioni
Split è un film che merita di essere visto, un thriller puro e adrenalinico che sa cullarti nella sua atmosfera cupa e instabile.
Complimenti a Shyamalan che ancora una volta mette in scena un bello spettacolo partendo da una premessa mai esplorata nel genere.