Logan si classifica come terzo film della trilogia di The Wolverine, serie “spin-off” – se vogliamo – della più longeva serie X-Men.
Però degli X-men – e di The Wolverine – questo film ha ben poco.
A partire dalla fotografia e da come sono state condotte le scene dalla regia. Si riconosce una differenza di mano rispetto ai classici della saga e del genere tutto.
Drammatico. Per definizione significa che “mette in scena un dramma”. Lo definireste così un film in cui il protagonista, un malato prossimo alla dipartita, intraprende un viaggio con un vecchio sotto farmaci e una ragazzina affetta da mutismo selettivo che ha perso ogni certezza nella vita, verso un posto che probabilmente non esiste, dal nome altamente simbolico di “Eden”.
Questo è, a mio parere, il genere rappresentativo di questo film, poco importa che ci siano gli artigli sulle nocche a ricordarci vagamente il supereroe che fu.
Drammatico e splatter. Perché il sangue sembra prendersi un posto speciale come co-protagonista.
Troppo sangue a mio parere – soprattutto perché provocato da bambini – in un contesto come quello tracciato dagli X-Men, dove esso era solo intuibile, mai mostrato nudo e crudo, in perfetto stile “supereroi”.
Logan: i suoi punti di forza
Premesso questo, devo ora tessere le lodi a quello che non nego sia stato un bellissimo film. Ben fatto e dal forte impatto emozionale.
La trama c’è e funziona, nonostante in X-Men la storia sia sempre una minestra riscaldata con l’aggiunta di qualche ingrediente in più.
Il focus è tutto sui tre protagonisti e sui loro pensieri e sentimenti, che si incastrano magistralmente fra loro, durante un viaggio che mi ha molto ricordato lo stile di The Walking Dead, in cui lo spettatore non può mai “rilassarsi” e avere la certezza che tutti coloro che i protagonisti incontrano alla fine rimangano vivi.
Oltre questo, a tenere sveglio lo spettatore c’è la componente azione.
Nel mettere in scena della buona azione, nulla di meglio che i vari poteri dei supereroi e in questo la Marvel non deve farsi insegnare da nessuno.
Nonostante la lunghezza (due ore e forse più) non mi ha annoiato, e questo basta a garantire al film la sufficienza piena.
Conclusione
Per i fan degli X-Men questo film potrebbe costituire un’esperienza nuova ma non necessariamente negativa.
Certo un po’ di malinconia potrebbe prendervi, nel vedere come si è ridotto il Professore che noi tutti eravamo abituati a considerare una scogliera infrangibile.
Così come per la figura di Wolverine, costretto ad un ruolo che si è scelto, consumato in parte dalla malattia e in un’altra dalla stanchezza verso l’esistere, ma che tutti sappiamo non gli appartenga minimamente. I margini dell’azione non sono il suo posto.
La pellicola Logan conclude la sua saga, dopo il finale nessuno può certo sperare in un seguito.
C’è però la speranza – e anche un po’ di curiosità, se vogliamo – per quanto riguarda Laura Kinney.
Arrivata nel tanto agognato Eden, continuerà la leggenda del padre?