Dal film del 1952 di Akira Kurosawa (tratto da una novella di Lev Tolstoj), il regista di Living Olive Hermanus ci ripropone la stessa situazione ambientata nella Londra degli anni ’50.
Il protagonista è Mr.Williams (interpretato da un magistrale e compassato Bill Nighy), un burocrate vedovo responsabile di un ufficio londinese incaricato di rilasciare permessi per l’utilizzo dei luoghi pubblici, ingranaggio della complessa macchina della burocrazia municipale, che ha il potere di autorizzare o negare qualsiasi richiesta di pubblici cittadini.
Le giornate dell’uomo scorrono tutte uguali nel suo ufficio, con dialoghi formali e di circostanza tra lui e i colleghi sottoposti, immerso tra pile di scartoffie che sembrano essere tutto il suo mondo.
Improvvisamente, ad interrompere questa monotonia, accade un evento inaspettato: al signor Williams viene diagnosticato un tumore e pochi mesi di vita.
Da quel momento nulla sarà come prima per il protagonista, che inizierà ad assentarsi dall’ufficio venendo meno ai suoi doveri, per non sprecare nemmeno un istante del tempo che gli resta.
L’uomo inizierà così a riscoprire quella vita mai pienamente vissuta in precedenza, grazie anche all’aiuto e alla vitalità di una giovane ex collega del suo ufficio (Aimee Lou Wood già interprete della serie tv comedy Sex Education), che gli offrirà un po’ di spensieratezza, ascolto e conforto, giacché il protagonista deciderà di non coinvolgere figli nella sua situazione.
Tutto questo viene raccontato attraverso gli occhi di un altro giovane: Peter (Alex Sharp) neo assunto nell’ufficio di Mr.Williams, che sarà uno dei pochi ad accorgersi dei cambiamenti nel comportamento del capo ed il primo a notare la sua assenza.
Il protagonista è impeccabile nella sua compostezza iniziale, a tratti malinconica e rassegnata, nel classico stile da vecchio gentleman londinese.
In un flashback scopriremo che era questa la massima aspirazione di Williams in gioventù: diventare un perfetto gentiluomo in bombetta che ogni giorno prende il treno, incontra i colleghi salutandoli formalmente e si reca nel suo ufficio in centro città dove svolge una rispettabile occupazione.
Il camaleontico Bill Nighy, qui incredibilmente misurato, risulta perfettamente credibile in questo ruolo che gli è valso la candidatura come Miglior Attore protagonista agli Oscar 2023.
Nel film seguiamo l’evoluzione del personaggio, che passa da una quotidianità grigia e monotona, interamente dedicata al dovere, al concedersi qualche piccolo piacere come un buon pasto al ristorante, un film al cinema, qualche bevuta nei pub o addirittura un’esibizione canora in cui si cimenta cantando una vecchia canzone scozzese in memoria della moglie.
L’uomo arriverà, poi, ad elaborare un suo progetto finale, per uscire di scena facendo una buona azione, che non sveliamo per lasciare allo spettatore il gusto della scoperta.
Ben accompagna il film la colonna sonora, che non indugia mai in un eccessivo sentimentalismo, ma esprime con sufficiente solennità i momenti più poetici ed intensi della pellicola.
Sobrietà è la parola d’ordine in questo film, dove anche le emozioni sono sempre misurate ed il protagonista, pur riscoprendo la propria vitalità, non si lascia mai andare ad eccessi fuori dalle righe.
Nonostante la splendida fotografia della Londra anni ’50, il punto di forza di questo film sono i dialoghi tra i protagonisti, sebbene l’unico personaggio che viene veramente approfondito sia quello di Mr. Williams, mentre i due giovani coprotagonisti restano in secondo piano, emergendo solo sul finale, lasciando intendere un’evoluzione sentimentale del loro rapporto.
Molto belle e convincenti sono le scene ambientate in treno e nelle stazioni, con una perfetta ricostruzione d’epoca.
Nell’insieme Living è un film che lascia una bella sensazione, non commuove ma offre molti spunti di riflessione sul senso della vita e delle nostre azioni, sul significato e l’importanza che ciascuno di noi attribuisce al lavoro e alla vita privata, sulla fuggevolezza del tempo e sui rimpianti.
Sicuramente una pellicola che merita la visione e di cui conserverete un bel ricordo; questo è l’esempio che anche un remake, se ben fatto, può essere un film godibile, seppur non originale.