La Cena Perfetta è il film d’esordio del regista Davide Minnella, con Salvatore Esposito (il Genny Savastano della serie TV Gomorra) come protagonista in un ruolo inconsueto, sebbene sempre legato al tema della malavita organizzata. Il cibo e la ristorazione sono qui visti come il riscatto per una vita migliore, a dimostrazione che un’alternativa è possibile. Tale la tesi di questa commedia drammatica che, oltre a quelli già citati, tocca vari temi, dall’onore, al rispetto, all’amicizia, all’amore, ai sogni da realizzare.
La vicenda prende il via a Napoli, dove Carmine (Salvatore Esposito) commette un grave errore nei confronti del boss camorrista Pasquale (di cui è il figlioccio) e per espiare la sua colpa viene allontanato da questo e mandato a Roma, dove deve gestire un ristorante appena rilevato da un precedente fallimento e utilizzarlo come copertura per il riciclaggio di denaro sporco.
Nel suo forzato soggiorno romano, l’uomo si imbatte in Consuelo (Greta Scarano), giovane chef determinata e grintosa, che sogna di gestire un locale di alto livello e di conquistare la sua prima stella Michelin dopo il suo precedente fallimento.
Progetto ambizioso che troverà una sponda in Carmine, il quale deciderà di aiutarla a realizzare il suo sogno rivoluzionando il suo ristorante “Il Picchio Blu”, arrivando a mettere se stesso in pericolo, ben consapevole dei rischi cui andrà incontro nei confronti del boss Pasquale, che controlla la situazione e i conti a distanza tramite i suoi scagnozzi.
La vicenda del film è questa ed è ben sviluppata, nonostante la sua semplicità; colpiscono e sono una gioia per gli occhi (e per lo stomaco) le scene legate alla preparazione dei cibi.
Per poterle rendere tali, il regista si è avvalso della consulenza della chef Cristina Bowerman.
I piatti da lei preparati sono un connubio tra innovazione e tradizione, sapori moderni, a volte sperimentali, e ricette della nonna, che è poi l’eterno dilemma della cucina contemporanea.
Convince la prova di Salvatore Esposito, che qui mostra il lato dolce e umano del protagonista, in contrapposizione ai personaggi feroci e sanguinari degli scagnozzi che lo pedinano, così come Greta Scarano (giovane e talentuosa attrice nel panorama del cinema italiano), che riesce a rendere credibile il personaggio della chef un po’ sopra le righe, geniale ma al tempo stesso tormentata, irascibile e soprattutto ossessionata dai critici e dalla ricerca della perfezione in ogni piatto. Buona la prova anche dell’aiuto cuoco Rosario (Gianluca Fru, parte del collettivo dei The Jackal), cui spetta il ruolo di spalla comica per alleggerire la tensione.
Lo svolgimento della trama è piuttosto fluido, ci sono alcune semplificazioni narrative forse un po’ ingenue, ma nel complesso ogni personaggio è ben caratterizzato.
La tensione della pellicola è crescente, soffriamo anche noi insieme al protagonista, che combatte tra la volontà di portare avanti la sua idea di riscatto e la consapevolezza del rischio a cui si espone, in un equilibrio tra spensieratezza e angoscia che coinvolge anche allo spettatore, un po’ come un eroe greco consapevole del suo destino che decide di immolarsi per una causa superiore.
Apprezzabile anche la colonna sonora che riesce ad accompagnare i momenti più salienti del film senza mai essere troppo invasiva.
Il finale, che non sveliamo, se da una parte può sembrare un po’ ottimistico e utopistico (ma, d’altronde, si tratta pur sempre di una commedia), dall’altra regala anche un piccolo colpo di scena. L’impressione complessiva che si ha, vedendo scorrere i titoli di coda, è di un film piacevole, su un tema a volte abusato dalla cinematografia nostrana come quello delle organizzazioni criminali, ma affrontato da un punto di vista insolito che, almeno nella finzione, vuole regalare un po’ di speranza. Dopotutto, se non possiamo credere ai sogni per un futuro migliore, cosa ci resta?