Quanti di noi, durante la visione di questa serie, non hanno pensato a mettersi nei panni di Kira almeno una volta?
O meglio, non di Kira ma di Light Yagami, un teenager qualsiasi che in un giorno qualsiasi si ritrova per le mani l’arma più potente di tutte, in grado di poter compiere crimini efferati nel totale anonimato.
Come usare quell’arma? E con quali pensieri retrospettivi?
La trama si sviluppa a partire da questa premessa: un ragazzo di un liceo giapponese entra in possesso di un quaderno che è in grado di uccidere qualsiasi persona il cui nome venga scritto sulle pagine al suo interno, purché se ne conosca anche il volto. E suddetto ragazzo, tale Light Yagami, decide di usarne le capacità per cambiare il mondo, giustiziando chiunque compia azioni malvagie al fine di eliminare in un futuro prossimo ogni forma di viltà dal pianeta.
A cercare di arginare la follia omicida del protagonista entra in scena la figura di L (ovviamente un nome in codice), il più abile detective in circolazione a livello globale, che deve scoprire chi sia e dove si nasconda.
Death Note, ovvero: Light Vs L
Tutto ciò che ho finora detto costituisce solo un pretesto di fondo per dare terreno fertile ad una sfida d’intelligenza tra due personalità le cui mosse sembrano ponderate e calcolate fino quasi all’ossessione.
È questo lo spettacolo che gli autori (Tsugumi Oba, scrittore, e Takeshi Obata, disegnatore) hanno voluto regalare agli spettatori/lettori (In questo caso ben poca differenza c’è tra manga e trasposizione su schermo, dato che la serie è rimasta estremamente fedele al testo originale).
Light ci si presenta pressoché perfetto, studente modello e vincente nella vita, L invece sembra essere l’opposto: scomposto nella postura, per niente bello e meno in vista di quello che la sua fama richiederebbe. Entrambi pieni di sfaccettature, in una dualità che strizza l’occhio allo Ying e lo Yang.
E’ senz’altro appagante assistere al loro confronto e al modo in cui utilizzano i mezzi a propria disposizione per sfuggire al rivale.
Tanta è la loro genialità da eclissare l’elemento che dovrebbe essere fonte di maggiore interesse per il lettore/spettatore: la presenza di Dei della Morte.
Ebbene si, c’è anche del fantasy in quest’opera, sebbene sembra sia per l’appunto subordinato all’ordinarietà della vita quotidiana e costituisca solo la premessa per far partire tutto.
La serie riesce a sorprendere costantemente lo spettatore senza cadere mai nell’illogico, ogni avvenimento è sempre razionalmente possibile (anche se a volte si chiude un occhio quando entra in campo il fattore fortuna) e soprattutto coerente con il modo di pensare/agire del personaggio che lo mette in pratica.
Nessun personaggio esce mai dal suo modo di essere ma questo non impedisce comunque qualche sorpresa (Vero, Matsuda?).
Il percorso editoriale di Death Note
Nei progetti iniziali degli autori c’era un singolo capitolo autoconclusivo, un one shot come si dice nel gergo fumettistico, che tuttavia piacque così tanto alla redazione cui fu sottoposto che si iniziò a pensare ad una serializzazione sulla rivista giapponese Shonen Jump, la più famosa per quanto riguarda la pubblicazione di manga.
Ed è quasi ironico che il percorso editoriale di Death Note sia iniziato con un one shot e sia finito con un one shot.
Ebbene si, perché pochi giorni fa è uscito un altro capitolo della saga a distanza di quasi quindici anni dalla conclusione del manga. Cambiano i protagonisti e cambia la storia, che si presenta meno “potente” della canonica, ma se non altro ci dà l’occasione di rivedere Ryuk e alcune dinamiche del quaderno.
Tra l’inizio e la fine, Death Note può vantare una collezione di manga (che conta dodici volumi più un tredicesimo extra che approfondisce il mondo in cui i personaggi si muovono durante la storia) e una serie anime (composta di 37 episodi della durata di circa venti minuti l’uno), oltre a una trilogia di film spin-off (più un quarto del 2017 di edizione americana su cui però siamo tutti d’accordo nello storcere il naso quando lo si accosta alla saga giapponese) e contenuti fandom.
Death Note ha saputo creare un microcosmo a cui è davvero difficile non voler entrare.
Considerazioni su Death Note
Complice il fatto che il mondo in cui si svolgano le vicende sia del tutto simile al nostro (di fatto è ambientato in un Giappone degli anni duemila) e dunque senza combattimenti magici, razze di mondi alternativi o videogiochi in cui rimanere intrappolati, Death Note sembra un prodotto particolare e diverso dal resto della produzione manga/anime peculiarmente nipponica.
Per questo riesce nel piacere anche a chi con quel mondo lì ha ben poco da spartire o non si è mai approcciato a certe dinamiche tipiche del genere. In grado persino di ribaltare il giudizio di chi parte prevenuto.
E dunque il nostro consiglio è assolutamente quello di prendere visione di questo prodotto del Sol levante perché ne vale davvero la pena!
Con una forza magnetica è in grado di incollarti allo schermo e renderti curioso, stupirti e coinvolgerti anche emotivamente.
Quindi mettetevi comodi, aprite Netflix e preparate i popcorn.
Non li avete in casa? Allora uscite a comprarli! E già che ci siete, comprate anche qualche mela.
Nel caso un Dio della morte bussi alla vostra porta con un quaderno da regalarvi.
first!