Un regista italiano, Dario Lucchetti, si incarica del compito non facile di raccontare la vita dell’uomo più influente del mondo prima che diventasse tale. Si, perché Chiamatemi Francesco – il Papa della gente, ha come suo protagonista niente meno che Jorge Mario Bergoglio!
La mini serie, che conta quattro puntate da circa quaranta minuti l’una, ci porta a scoprire tutto ciò che è avvenuto in precedenza di quell’amato primo incontro con le masse, dalla finestra più alta di San Pietro. Prima, per intenderci meglio, che Jorge indossasse la papalina bianca e il Conclave lo designasse come successore di Papa Benedetto XVI.
Sebbene sia prodotto da Taodue e finanziato interamente da Mediaset, l’Italia si spartisce il setting con la Germania e ovviamente l’Argentina, di cui il Papa è originario.
Dell’Argentina è anche originario Rodrigo de La Serna, l’attore che interpreta Bergoglio da giovane e che molti ricorderanno nei panni di Palermo, nella Parte 3 e 4 de La Casa di Carta, popolare serie spagnola su Netflix, ma anche al fianco di Che Guevara in un particolare viaggio in moto attraverso il Sud America nel film I Diari della motocicletta, che gli valse la candidatura per il Premio BAFTA nel 2004 come Miglior attore non protagonista.
Anche in quest’occasione, l’argentino non si risparmia ed elargisce al pubblico un’interpretazione coerente al personaggio ma emozionale, degna dei più forti applausi.
Se c’è un Inferno, qui sulla terra, deve essere questo…
La serie inizia con un Bergoglio – quello interpretato da Sergio Hernandez, dunque l’ “adulto” – arrivato da poco a Roma. Il perché? Beh, credo non sia spoiler per nessuno.
Su un balcone di un appartamento del Vaticano con vista sulla cupola di San Pietro, l’uomo inizia a pensare – o meglio ripensare – agli eventi che lo hanno portato lì.
E’ qui che entra in scena dunque la sua versione “giovanile” – quella interpretata da Rodrigo de la Serna – alle prese con la gestione per niente facile della sua parrocchia in una delle favela argentine in cui imperversa la violenza criminale dei Narcos e dei vari cartelli della droga.
In questo posto, sotto la dittatura di Jorge Rafael Vileda, si sviluppa il dramma della vita per nulla facile del Pontefice ancora non decretato tale, che si troverà a confrontarsi non solo con un’atmosfera malsana di perdizione ma anche con perdite personali che metteranno a dura prova il suo spirito, sebbene non la sua fede.
Tra fidati da sempre al suo fianco e nuovi incontri, durante il percorso che porteranno Jorge Bergoglio fino alla chiamata del Conclave a Roma, alla storica abdicazione di Ratzinger, l’uomo acquisisce una coscienza personale incrollabile e un eco nelle masse che porteranno a dotare la sua figura di un grandissimo carisma.
Non a caso per tutti quelli che lo attorniavano il momento della partenza di Jorge fu visto al pari d’un addio, sicuri infatti che il loro vescovo sarebbe rimasto a Roma in qualità di nuovo Papa.
Così è stato.
Il Seme del bene resiste
Chiamatemi Francesco – il Papa della gente è maggiormente un film biografico che scenico e per questo a qualche d’uno potrebbe risultare lento.
Ciò in cui tuttavia riesce bene è trasmettere l’atmosfera cupa di quanti sono costretti a vivere sotto il giogo della dittatura militare e dei cartelli della droga, che rende sterile il terreno per la nascita della fede.
Allo stesso tempo però dimostra che qualcosa di buono esiste e resiste in quei luoghi, poiché un fiore nato nel deserto si sa, risulta più resistente.
E come diceva il genio De André, nella canzone Via del Campo:
“DAI DIAMANTI NON NASCE NIENTE, DAL LETAME NASCONO I FIOR”.