Si tratta di un film toccante, 18 Regali, ispirato alla storia vera di Elisa Girotto risalente al 2017.
Malata terminale che consapevole di non aver più molto da vivere decide di utilizzare gli ultimi mesi di vita per preparare alla figlia che aspetta in grembo diciotto regali, uno per ogni compleanno che non potrà vivere assieme a lei.
Celebra così un inno alla vita oltre la perdita.
Il regista che ha tratto ispirazione da questa storia è Francesco Amato con protagonisti una coppia sorprendente: Vittoria Puccini e Edoardo Leo.
L’idea di Amato è intingere la matrice melodrammatica con una vena surreale:
Cosa sarebbe successo se Anna, la figlia di Elisa, avesse conosciuto la madre ?
Il cinema può quindi riuscire a vincere la barriera del tempo.
Restituendoci un frammento di un’esistenza tra madre e figlia che, per quanto non goduto nella realtà risulta verosimile nella finzione grazie ad un terzetto di attori convincente e soprattutto empatico.
Uno scontro molto particolare
I due genitori sono una coppia molto affiatata sebbene molto diversi tra loro:
lei conduce con pragmatismo un’agenzia del lavoro, è generalmente molto precisa, apparentemente algida, cura ogni cosa in dettaglio, pianificando e prevenendo ogni imprevisto.
Lui è un allenatore un po’ con la testa tra le nuvole e con poco senso pratico, un sognatore diviso tra il calcio e il nuoto.
Elisa non può però pianificare la malattia, quel tumore da cui non c’è cura che sconvolgerà per sempre la sua vita, considerando il suo stato interessante.
Nascerà Anna ed Elisa brevemente sparirà.
Anno dopo anno vediamo la bambina crescere, ricevere i regali della madre morta tra l’affetto del padre, dei nonni e dei compagni.
Tuttavia l’inquietudine della ragazza si affaccia prepotentemente.
Complice un atteggiamento scostante e ribelle tipicamente adolescenziale, al punto da indurre Anna il giorno del suo diciottesimo compleanno, ovvero la sera dell’ultimo regalo, esasperata da questo rito macabro, quasi una maledizione ai suoi occhi, a fuggire.
Piove, è buio e in una sorta di piega temporale si scontrerà proprio con una macchina guidata da una donna incinta.
Dall’iniziale urto e confusione, Anna capirà presto che quella donna dai modi gentili e dal grande savoir-faire, altri non è che Elisa, la madre che non ha mai conosciuto.
Non solo:
finirà nel lontano 2001, in una sorta di extra-dimensione quasi avulsa dal tempo.
In un limbo tra sogno e realtà nel quale definirà per sempre quell’incontro impossibile, riuscendo a capire chi realmente fosse quella madre apprensiva e il significato di quei regali.
18 Regali: il dramma di una madre e di conseguenza di una figlia.
Il distacco, la separazione e l’ineluttabile scorrere del tempo che crea e al contempo distrugge
Questa porzione di film è un momento di riflessione e finalmente di risposta a quelle che sono le domande di chiunque resta orfano, soprattutto se questo avviene quando si è bambini, da bambino incosciente, curioso e infine deluso e arrabbiato.
Curioso di scoprire, conoscere, di sognare e di amare chi lo ha messo al mondo.
È colmare e calmare un vuoto.
Con la collaborazione alla sceneggiatura di Alessio Vincezotto, marito della (vera) Elisa Girotto, Francesco Amato si cala nel realismo magico per tracciare a fondo una storia d’amore, un inno alla vita e soprattutto alla consapevolezza di una matura quanto lenta elaborazione del lutto della figlia Anna (dal volto di una ribelle Benedetta Porcarioli).
E quando dico mamma le mie labbra si baciano per te
In questo non luogo, Elisa e Anna si frequentano, capiscono entrambe di aver bisogno l’una dell’altra, proprio in occasione della scoperta della grave malattia a poche settimane dal parto.
Vediamo quindi le fasi di un rapporto dinamico tra adolescente e madre, permeato dalla figura del (futuro) marito Alessio:
le bugie di lei, le visite negli ospedali, le terapie inutili.
La negazione e conseguente accettazione, la comprensione e la scelta dolorosa e coraggiosa di scrivere, riportare un diario per lasciare alla figlia frammenti di vita vissuta senza sapere che li sta vivendo proprio insieme a lei.
Un’ importante ambiguità stilistica nel film 18 Regali
Tra commedia e tragedia, in un delicato quanto difficile connubio tra due stili completamente opposti che permettono di allentare la tensione in momenti fortemente potenti dal punto di vista emotivo.
18 regali restituisce uno spaccato sensibile del grande amore che tutti abbiamo vissuto, bramato, desiderato, della dolcezza di una madre accogliente:
il proprio posto nel mondo, della sincerità verosimile delle azioni senza sbavature con finezza semplice ma compiuta.
Significativa inoltre la metafora dell’acqua, elemento di vita, elemento primario assimilato al liquido amniotico che ci permette di essere, che unisce fino all’ultimo le due donne: una mentre partorisce e l’altra mentre si tuffa in piscina.
E anche il marito, allenatore di nuoto.
Tu chiamale se vuoi Emozioni
Il film è capace di emozionare. E’ lo scopo principale, del resto.
18 regali fa la scelta coraggiosa di raccontare un rapporto madre-figlia:
in tutta la sua amorevole e al contempo violenta conflittualità, indipendentemente dalle condizioni entro cui si dipana.
E pone una domanda davvero dolorosa:
come si fa a tagliare il cordone ombelicale emotivo dalla propria madre quando si è a malapena fatto in tempo a tagliare quello fisico ?
Evidenziando, inoltre, il dramma di una madre che, costretta a cedere le fila e la responsabilità della vita della propria figlia, cerca disperatamente di restarle accanto come può.
Mi verrebbe da ringraziare il marito e questo grande amore.
Grazie Elisa.