All’ombra delle piattaforme per lo streaming online che tutti noi conosciamo, come Netflix o Amazon Prime Video, ce ne sono moltissime altre che sono sconosciute ai più. In questo articolo vogliamo farvi conoscere una di queste, chiamata Quibi.
La sua caratteristica, che forse la penalizzava nei confronti dei suoi rivali più rinomati, è che fosse un prodotto esclusivo per smartphone, pensato per i piccoli ritagli di tempo alla fermata del bus o per quando si è in anticipo ad un appuntamento.
Il termine Quibi è, infatti, una crasi di Quick Bites – in italiano “morsi veloci” – che riassume un po’ il concept della piattaforma, ossia quello di dare in pasto agli spettatori storie in piccoli morsi veloci.
Insomma, il paradiso dei cortometraggi! Con opere che avevano una durata media di 10 minuti.
La – sfortunata – storia di Quibi
Quibi ha avuto storia breve. D’altra parte è intuibile: un’applicazione concepita per essere usata in mobilità quanto può durare in un contesto in cui quasi nessuno prende più gli autobus e si è costretti a stare per la maggior parte del tempo a casa, con la tentazione di accedere, piuttosto, a Netflix o Prime Video?
Ed è infatti recentissima la decisione di Jeffrey Katzenberg, fondatore, e Margaret Cushing Whitman, amministratrice delegata, di chiudere il servizio dopo aver annunciato il fallimento nello scorso 21 Ottobre 2020.
Ciò che rammarica è che l’idea di base non era per niente male, favorita, poi, dal fatto che fosse facilissimo scaricare l’applicazione sia da Android che da Apple store.
Inoltre si trattava di un’iniziativa nata da pochissimo, nell’ Agosto del 2018, per un totale complessivo di due anni e due mesi di vita.
Se pensate che il suo ciclo vitale sia stato breve, allora giudicherete la sua presenza qui in Italia del tutto evanescente.
Nel Bel Paese, infatti, l’applicazione era giunta soltanto il 7 Aprile di quest’anno, ulteriormente gravata, oltre che dalla pandemia, dal malus di non avere ancora per le sue opere un doppiaggio o una sottotitolazione in italiano.
Quibi: Una scommessa diventata cicatrice
Insomma, l’app di Quibi è stata l’ennesima vittima di questo Coronavirus, che ha imperversato senza barriere nel nostro pianeta nell’ultimo anno.
E con lui tutti i corti che lì avevano visto la luce.
C’è da chiedersi, tuttavia, se anche in situazioni di normalità l’applicazione non avrebbe trovato difficoltà nell’emergere, avendo come competitor piattaforme più generiche, ma molto affermate come Youtube o Vimeo.
Inoltre il costo mensile di 8,99 euro – con sole due settimane di prova gratuita – avrebbe scoraggiato più di qualcuno nell’acquisto, specie comparando il prezzo a quello di altre, più affermate, piattaforme streaming.
Tutto questo senza considerare che sempre più player del settore si stanno avvicinando alla formula del corto, sia nell’ottica film che da un punto di vista seriale (pensiamo al successo di una produzione come The End Of The F***ing World) e questi prodotti sono già visibili in mobilità, attraverso le relative app di streaming.
Sia come sia, non abbiamo avuto il tempo di scoprire a fondo questi “quick bites” ed oggi ci troviamo a parlare solamente di una – piccola, questo sì – cicatrice del mondo della cinematografia, per lo più emergente.