Come il film Blade Runner di Ridley Scott ha inaugurato il cyberpunk nel cinema
«Io ho visto cose che voi umani non potreste immaginare. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. Ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia»
L’androide Roy Batty al cacciatore di taglie Rick Deckard
Ci sono film come Blade Runner in grado di segnare uno spartiacque all’interno del cinema, per i quali risulta inevitabile parlare di un “prima” e di un “dopo”, indipendentemente dal fatto che la pellicola piaccia o meno.
Accadde una notte, Via col vento, Citizen Kane, Psycho, 2001 Odissea nello Spazio, C’era una volta in America…o, più recentemente, Pulp Fiction e Fight Club…si tratta di titoli ampiamente conosciuti e apprezzati dal pubblico, che hanno avuto una profonda influenza su tutte le produzioni a venire.
Blade Runner rientra meritatamente tra questi, avendo Ridley Scott inaugurato un nuovo genere cinematografico attraverso quello che è considerato il suo lungometraggio più riuscito: stiamo parlando del cyber-punk.
La vicenda è ambientata nel 2019 in una realtà distopica, dove replicanti dalle sembianze umane vengono fabbricati e utilizzati come forza lavoro nelle colonie extra-terrestri.
Gli androidi che si danno alla fuga e tornano illegalmente sulla Terra vengono cacciati e “ritirati dal mercato”, ossia eliminati fisicamente, da agenti speciali chiamati blade runner.
Il film ruota attorno alla vicenda di un gruppo di replicanti recentemente evasi e nascostisi a Los Angeles, e all’agente Rick Deckard, ormai fuori servizio, che accetta un’ultima missione per dare loro la caccia.
L’ambientazione è buia, caotica, fatiscente.
Los Angeles ci viene presentata come una città decadente, perennemente avvolta dalla nebbia causata dall’inquinamento atmosferico, che produce una pioggia continua, in un mondo dove le luci al neon hanno sostituito il sole.
Le strade sono affollate da gente di tutte le etnie che si muove tra squallidi mercati, moderni grattacieli (che molto ricordano quelli delle megalopoli orientali), industrie e vecchi edifici abbandonati.
La protagonista assoluta è la tecnologia, una tecnologia tossica e senz’anima, perché gli uomini l’hanno resa tale (basti pensare ai replicanti incattiviti dalla loro condizione di schiavitù).
Gli esseri umani, sub-umani o post-umani – qual dir si voglia – che abitano questo mondo sono vestiti di scuro o con colori fluo, sgargianti e aggressivi, coperti da borchie, giubbini in pelle ed impermeabili di plastica, con stampe animalier o tessuti metallici, il tutto all’insegna della contaminazione.
L’intera estetica del film – dal set al trucco, ai costumi, agli effetti speciali – ricalca le descrizioni postmoderne fatiscenti di alcuni romanzi di fantascienza, primo fra tutti Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?) di Philip K. Dick, cui il film è ispirato.
Ecco la pietra miliare del cyberpunk, una corrente artistica che, come tutte, è prima letteraria e poi cinematografica e i cui precursori illustri vanno rintracciati in autori “illuminati” come Aldous Huxley e George Orwell.
Un sottogenere del filone distopico della fantascienza, coniato fondendo i termini cibernetico e punk, proprio a sottolineare il pensiero nichilistico e il pessimismo che sono alla base di questo genere di narrativa, che fonde elementi e linguaggi appartenenti all’underground con tematiche scientifico-tecnologiche.
Questi romanzi e film sono fautori di una visione radicalmente opposta a quella del Positivismo ottocentesco e portano in scena questioni etiche e morali, spesso tralasciate in favore di un “progresso a tutti i costi”, qui rappresentato come tossico e insensato.
Gli elementi di cultura underground risultano particolarmente evidenti nel cinema, attraverso luci al neon e ambientazioni futuristiche degradate, personaggi che adottano look e atteggiamenti propri della controculture giovanili e il sottofondo di musica rock o sinth-pop.
Iconici, a tal proposito, il bob cut ossigenato di Pris con il make-up di fabbrica “a mascherina”, minidress e cardigan animalier, calze nere strappate e stivaletti.
Non meno “deviante” il suo fidanzato Roy, con il biondo ciuffo ribelle, il cappotto in pelle nera lungo e le sneakers black and white.
Abbigliamento che ben si confà al loro spirito ribelle e anarchico da Bonnie e Clyde cibernetici, che occupano l’appartamento – decisamente kitch – del giovane dottore J. F. Sebastian, anche lui un outcast a causa di una rara malattia genetica che gli deturpa il volto.
La colonna sonora di Vangelis ha, poi, influenzato tutta la scena jazztronic a venire, con il suo strumentale abilmente mixato a musica elettronica.
Trame futuristiche cupe e atmosfere “alla Blade Runner” sono poi ritornate in molti film, a cominciare da Terminator (1984) appena due anni dopo, proseguendo con Matrix, fino ai più recenti Ready Player One e l’inquietante Ghost in the Shell.
Anche un film che è una mistura di generi come Cloud Atlas presenta dei chiari riferimenti a Blade Runner, nei contenuti e nell’estetica, per quanto riguarda la storia del clone Somni, ambientata in una distopica metropoli futuristica della Corea del Sud.
Il genere cyberpunk, di cui il cult scottiano può essere considerato il capostipite per quanto riguarda la cinematografia, non ha risparmiato neppure il mondo delle serie tv dove abbiamo produzioni di successo come Mr. Robot e Altered Carbon, ma anche miniserie strampalate come Maniac.
L’universo del videogioco, poi, si presta particolarmente e numerosissimi sono i titoli al riguardo, uno su tutti il bellissimo Detroit: Become Human, da molti considerato l’opera più riuscita di David Cage (segnalo, a tal proposito, Cyberpunk 2077, in uscita a settembre, con uno dei protagonisti interpretato in motion capture da Keanu Reeves).
Insomma, Blade Runner è un film che ha ispirato e continua ad ispirare l’immaginario di molti.
Un immaginario sintetico, robotico e fotonico, dove il fascino androide di Roy Batty riesce ad offuscare persino (l’umano?) Rick Deckard interpretato da Harrison Ford.