“Split” è un film thriller psicologico del 2016, diretto e sceneggiato da M. Night Shyamalan e liberamente ispirato alla storia del criminale e psicopatico Billy Milligan, il quale soffriva di DDI.
Il cast include uno straordinario James McAvoy nel ruolo del pericoloso psicopatico e le attrici Anya Taylor-Joy, Jessica Sula, Haley Lu Richardson e Betty Buckley negli altri ruoli principali.
Lo stesso regista ha successivamente girato un sequel del film intitolato “Glass”, un’operazione che connette il film ad un’altra sua opera precedente, “Unbreakable”:
le tre opere sono dunque parte di una vera e propria trilogia.
Se sei interessato a leggere la recensione del film Split, puoi farlo cliccando qui.
Le radici che affondano nel dolore
Casey è una ragazza impopolare e tenuta in disparte ma, per una volta, può condividere un’esperienza con due delle più “fighe” della scuola:
l’essere rapita da un pericoloso maniaco, che presenta un disturbo della personalità così intenso da avere numerosissime personalità differenti per sesso, età e molte altre caratteristiche; nel subentrare, queste personalità riescono a donargli caratteristiche fisiche leggermente diverse.
La personalità suprema, tuttavia, non si è ancora manifestata: essa è la più pericolosa di tutte e le ragazze devono riuscire assolutamente a fuggire prima che si manifesti.
Il trauma
Il disturbo dissociativo dell’identità si manifesta con la dissociazione, ossia un meccanismo di difesa con cui alcuni elementi dei processi psichici rimangono “disconnessi” o separati dal restante sistema psicologico dell’individuo:
tale condizione si può trovare in molte reazioni psicologiche (ad esempio a seguito di situazioni traumatiche).
Il disturbo dissociativo dell’identità si caratterizza per la presenza di due o più identità o stati di personalità distinti (ciascuno con i suoi modi di percepire, relazionarsi, e pensare nei confronti di se stesso e dell’ambiente).
Almeno due di queste identità o stati di personalità assumono in modo ricorrente il controllo del comportamento della persona e ognuna di esse, quando presente, non ha assoluta coscienza dell’altra.
Il fenomeno della mera dissociazione è, contrariamente a quello delle personalità multiple, ampiamente studiato e provato da molto tempo.
Si tratta di una reazione difensiva della mente che risponde, seguendo diversi gradi di gravità a situazioni di stress elevato, separando parti di sé.
Alcune situazioni, però, innescano nella mente una reazione dissociativa massiccia ed è qui che si potrebbe venire a formare una separazione talmente netta tra parti di sé da renderle scollate una dalle altre e facendole percepire ogni volta come un’entità differente.
Tuttavia il DDI, anche nelle forme più severe e nei rarissimi casi di personalità multipla, non si presenta come nell’immaginario collettivo alimentato da scrittori e registi.
Questo passaggio da personalità così nette in grado di agire e compiere spesso gesti atroci è più un’esigenza artistica che quello che accade nella realtà.
Il caso mediatico “Billy Milligan”
William Stanley Milligan è il primo americano ad esser stato dichiarato non colpevole di gravi crimini per motivi di infermità mentale.
La sua storia è piuttosto nota.
Anche perché raccontata in un libro – Una stanza piena di gente di Daniel Keyes – e ripresa più di recente in questo film, Split di M. Night Shyamalan, in cui la vicenda clinica di Billy ha preso i contorni, di un fanta-horror.
Billy soffriva di un disturbo dissociativo dell’identità (DDI), un tempo noto come “disturbo di personalità multipla”.
La sua condizione venne alla luce alla fine degli anni Settanta, quando, all’età di ventidue anni, rapì e stuprò tre studentesse della Ohio State University e fu arrestato.
Le autorità notarono alcuni alcuni comportamenti insoliti e coinvolsero un’équipe medica che portò alla luce la presenza di 24 personalità distinte (uomini, donne, adulti e bambini).
Il disturbo aveva fatto la sua comparsa in tenera età, in seguito alle violenze inflittagli dal patrigno Chalmer Milligan, un uomo disturbato che aveva ripetutamente abusato di lui.
La storia di Billy Milligan
Billy viveva in uno stato spesso confusionale, con rari momenti di lucidità. Passando continuamente da una personalità all’altra, viveva con discontinuità la propria identità e le proprie azioni, non riuscendo a giustificare gli avvenimenti in cui era coinvolto e riportando continue amnesie.
I rari momenti di consapevolezza, intollerabili per Billy, lo indussero più volte a tentare il suicidio.
Dopo una vita spesa tra ospedali psichiatrici e prigioni, e dopo essersi riabilitato numerose volte con altrettante ricadute, nel 1988 Billy Milligan ottenne il rilascio definitivo poiché ritenuto dai medici “integrato”, ossia guarito dal Disturbo dissociativo di cui era affetto.
Morì di cancro nel 2014, all’età di 59 anni.
Quello di Milligan è probabilmente un caso estremo, così come estremi e poco realistici sono i tanti casi portati sul grande schermo – la “personalità multipla” è un tema amatissimo dal cinema – ma il disturbo dissociativo d’identità esiste davvero.
Amnesia e trance nel DDI
Un’importante caratteristica del DDI riguarda l’amnesia (perdita di memoria): i pazienti infatti mostrano spesso difficoltà a ricordare eventi attuali e passati. Può capitare che si ritrovino in un luogo senza sapere come e perché ci siano finiti o di non ricordare di aver compiuto alcune azioni.
Le diverse personalità si manifestano alternativamente a seconda degli stimoli provenienti dall’ambiente e il passaggio da una personalità all’altra avviene in uno stato di trance rapidissimo.
A tal proposito Frank Putnam, psichiatra che seguì numerosi casi di DDI tra cui quello di Billy Milligan, lo raccontava così:
«Il corpo di Milligan sembrò ritirarsi in se stesso. Impallidì, e gli occhi si velarono come se fossero sul punto di rovesciarsi. Muoveva le labbra come se stesse parlando con se stesso. Gli occhi di Milligan vagavano da una parte all’altra. Si guardò in giro, come qualcuno che si è appena svegliato da un profondo sonno».
Le inquietanti personalità multiple del film “Split”
“Split” è un film molto intrigante già per via della sua trama di base, la quale pone tuttavia un obiettivo non da poco:
trovare un attore che sia in gradio di interpretare una trentina di ruoli in uno, di passare in maniera repentina da l’uno all’altro, di dare prove fisiche di altissimo livello davanti alla macchina da presa.
La scelta del regista ricade su James McAvoy, e la decisione si rileva molto saggia:
attore bravissimo ed incredibilmente versatile, James esegue una delle migliori performance recitative del decennio in un ruolo difficilissimo, trasformandosi nella principale chiave di successo del film – dopo la sua stessa sinossi, ovvio.
Ottimo anche il resto del cast, in particolar modo la protagonista femminile Anya Taylor-Joy, interprete di un personaggio profondo che dimostrerà come gli effetti dei traumi non siano gli stessi per tutti.
Regia e sceneggiatura di “Split”
Dal canto suo, anche Shyamalan fa un ottimo lavoro per la quasi totale durata del film: sceneggiatura e regia sono impeccabili nei momenti d’azione – in quelli in cui deve emergere la crudeltà della vicenda, nei flashback e nel mostrare i pensieri di Casey; in questi momenti il ritmo di “Split” è perfetto, capace di valorizzare la storia in tutto e per tutto.
Considerazioni finali
Un errore viene, tuttavia, compiuto nel dare eccessivo spazio ai momenti di spiegazione della patologia di cui lo psicopatico protagonista è effetto:
“Spiegoni” lunghissimi non sono certo un qualcosa che va d’accordo con film incalzanti come questo, e questi attimi di saccenza alla lunga possono scocciare.
Questo aspetto viene tuttavia perdonato alla luce di tutto il resto:
“Split” è davvero un film meritevole, che tutti gli amanti dei thriller psicologici dovrebbero guardare.