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Tributo a Max Von Sydow con L’Opera di Bergman “Il Settimo Sigillo”

Max Von Sydow: Il Settimo Sigillo e gli altri

«Dall’oscurità che tutti ci attornia mi rivolgo a te, o Signore Iddio: abbi misericordia, che siamo inetti, e sgomenti, e ignari. […] Dio, tu che in qualche luogo esisti, che devi certamente esistere, abbi misericordia di noi »

Antonius Block (Max Von Sydow) ne Il Settimo Sigillo

L’espressività di Max Von Sydow nel capolavoro di Bergman “Il settimo sigillo”

Nessuno avrebbe mai immaginato che il 2020 potesse riservare al mondo un così violento e drammatico risveglio.

Perché il terzo devastante colpo che il nuovo millennio – dopo le due crisi economiche globali del 2008 e del 2011 dalle quali molti paesi dell’Occidente e non solo si sono faticosamente rialzati a carissimo prezzo – ci ha riservato giunge come un qualcosa che le nuove generazioni non hanno mai conosciuto.

Questa volta, infatti, non ci sono colossi bancari e immobiliari in bancarotta e nemmeno crisi energetiche note a coloro che ci hanno preceduto ma una pandemia, il Covid-19.

Scene che sembrano tratte da un film apocalittico per le strade del mondo

La prima pandemia di cui i giovani avranno memoria dovuta a un nemico ben più forte di “una banale influenza”o di precedenti epidemie degli ultimi anni (H1N1 del 2009 o – ancor prima – SARS del 2001-2002) che ha colto il mondo del tutto impreparato per infliggergli uno spaventoso squarcio che si amplia con l’inesorabile passare del tempo.

È quindi in questo contesto, come quello della quarantena domiciliare che lentamente costringe circa tre miliardi di abitanti nel mondo a rimanere nelle proprie abitazioni, che da settimane si osserva la quotidianità tramite le notizie date dai telegiornali o consultate tramite la Rete.

Tra le tante, quella della morte del celebre attore franco-svedese Max Von Sydow, spentosi l’8 Marzo scorso all’età di novant’anni nella sua villa in Provenza (dove nel 1997 si era sposato con la sua seconda moglie francese).

Max Von Sydow con la moglie e produttrice cinematografica Catherine Brelet 

Artista indimenticabile nonché poliedrico, per oltre settant’anni Von Sydow è stato legato al mondo della recitazione, passando continuamente dal cinema al teatro.

Fra i tantissimi film che lo hanno visto protagonista ricordiamo L’Esorcista, Il Deserto dei Tartari, Dune e Shutter Island e il settimo capitolo della saga di Star Wars diretto da J.J.Abrams.

Molte anche le apparizioni televisive (di cui quella ne Il Trono di Spade nel ruolo del “Corvo a tre occhi” è stata la più recente), senza dimenticare il mondo videoludico e la partecipazione nel gioco The Elder Scrolls V: Skyrim (2011).

Soprattutto, Von Sydow è stato legato artisticamente alla figura del grande regista svedese Ingmar Bergman (1918-2007) grazie al quale ha fatto il proprio debutto cinematografico nel 1957 e per il quale ha poi recitato in altre tredici pellicole, divenendo un vero e proprio attore feticcio.

Max Von Sydow ne “I tre giorni del Condor” di Sydney Pollack (1975)

Ed è proprio il debutto cinematografico di Max Von Sydow, ovvero quell’opera di culto per gli amanti del cinema Det Sjunde Inseglet/Il Settimo Sigillo, ad essere l’oggetto di questo tributo alla sua memoria nell’indissolubile connubio artistico tra l’attore recentemente scomparso e il suo mentore, uno dei grandi Maestri della cinepresa di tutti i tempi.

In questo periodo così difficile infatti, in cui le nostre abitudini e certezze sono state prepotentemente messe in discussione, la storia raccontata ne Il Settimo Sigillo è in grado di emozionare e far riflettere chi dovesse vederlo per la prima volta e al contempo, per chi lo conosce in modo approfondito, può portare a una sua rilettura profonda e contemporanea:

Una riflessione sul valore stesso della nostra esistenza e del nostro tempo, così come Bergman, nella sua opera a metà tra l’epico e il tragico ambientata nel Medioevo, volle fare sessantatré anni fa.

Una lunga partita a scacchi

«E quando l’agnello aperse il settimo sigillo, nel cielo si fece un silenzio di circa mezz’ora e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio, e furono loro date sette trombe» (Apocalisse, 8,1)

La celebre danza della morte, nel film “Il settimo sigillo” (1957)

Frutto dell’ampliamento di un precedente soggetto teatrale scritto da Bergman nel 1954 (Trämålning/Pittura su legno), Il Settimo Sigillo venne girato con un capitale esiguo e delle tempistiche di produzione molto serrate (il tutto venne ultimato in poco più di un mese).

Il film ottenne, però, prestigiosi riconoscimenti (Premio Speciale della Giuria a Cannes nel 1957) e consolidando la fama e il prestigio crescente del regista svedese prima della definitiva consacrazione dovuta alla pellicola Smultronstället/Il Posto delle Fragole.

Ambientato nella Scandinavia medievale, la pellicola racconta in circa due ore il “difficile” ritorno a casa di due reduci delle Crociate: il giovane cavaliere Antonius Block (interpretato da Max Von Sydow), provato dagli anni in Terra Santa, e il suo scudiero Jöns (Gunnar Björnstrand).

Il trailer del film di Ingmar bergman con Max Von Sydow

Nella scena iniziale, tra le note cupe del Dies Irae, la Morte in persona (Bengt Ekerot) giunge dinnanzi all’assorto Antonius, immerso nei propri dilemmi tra le onde del mare, pronta a reclamare la vita del giovane cavaliere (“È già da molto che ti cammino a fianco”).

Questi, conscio ma non ancora disposto a lasciare questo mondo, lancia una sfida disperata alla Morte: una partita a scacchi con la quale poter guadagnare del tempo e, eventualmente, “dando scacco alla Morte, aver salva la vita”.

Ha dunque inizio l’epica battaglia tra la Morte e l’Uomo – nelle fattezze del giovane cavaliere – che viene giocata durante tutto il viaggio dei due uomini verso la tenuta del cavaliere in Danimarca.

La Danimarca, una terra dilaniata dalla pestilenza dove regna sovrana la devastazione e dove i popolani e i mercanti assistono con rassegnazione e timore reverenziale alla venuta del giudizio universale, mentre il clero – tra gruppi di monaci, fedeli devoti e zeloti flagellanti – chiama a raccolta per l’espiazione dei propri peccati prima della fine del mondo.

Devastazione e fanatismo religioso in una delle scene de “Il settimo sigillo” (1957)

La storia dei due crociati si interseca in seguito con quella degli attori itineranti Jof (Nils Poppe) e Mia (Bibi Andersson), del loro capo Jonas Skat (Erik Strandmark), del fabbro Prog (Åke Fridell)e dell’adultera moglie Lisa (Inga Gill) oltre a quella di una popolana muta (Gunnel Lindblom) salvata in precedenza da Jöns dalle grinfie del ladro e stupratore Raval (Bertil Anderberg).  

La partita di scacchi giunge, poi, ad un punto di svolta quando Antonius, colto da un momento di stanchezza, fa cadere per errore i pezzi della scacchiera che la Morte rimette a posto in modo tale da poter dare scacco matto al cavaliere, con la promessa di un suo ultimo ritorno per portare via con sé Antonius e i compagni di viaggio (fatta eccezione per la sola famiglia di attori, che fugge intimorita dalla visione di Jof dei due sfidanti).

La storica sequenza che ritrae il personaggio di Antonius Block durante la partita a scacchi con la Morte

L’ultimo atto ha luogo in una notte piovosa nel castello di Antonius dove la carovana, assieme alla moglie del cavaliere, ha il tempo di poter cenare un’ultima volta prima dei tre rintocchi della Morte alla porta del castello, la stessa Morte che – all’alba del nuovo giorno – guida la danza macabra che conduce i presenti al proprio inevitabile destino.

Guglielmo Vinci
Guglielmo Vincihttps://www.policlic.it/
Sono un appassionato di Cinema, cresciuto con pane, Fantasia e la videocassetta consumata di Hook - Capitano Uncino. La Storia Infinita mi ha fatto cercare di capire come combattere il Nulla e uscire dal Labyrinth a passi di Magic Dance. Ad oggi, ancora non ho trovato la chiave e resto Nel Labirinto del Fauno mentre assumo melange per cavalcare i vermoni tra le Dune di questo mondo. "Mi piace l'odore del melange di primo mattino, è profumo di vittoria". Creativamente caotico, Trekker.

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