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Intervista a Luca Manfredi, regista di “Permette? Alberto Sordi”

Luca Manfredi, figlio del celebre Nino, ha realizzato il suo nuovo biopic dedicato, questa volta, al grande attore romano, in prima visione su Rai 1 Martedì 24 Marzo

È la sera di una giornata qualunque di quarantena e, come spesso accade ultimamente, sono ancora davanti al computer a lavorare quando squilla il telefono.
Dall’altra parte c’è la voce gioviale di Luca Manfredi, classe 1958, figlio del celebre Nino.

C’eravamo messi d’accordo di sentirci nel pomeriggio ma, a causa di alcuni impegni del regista, ci siamo dovuti accordare per la sera.

«Dammi pure del tu!» esordisce lui «Mi piace avere un rapporto paritario con le persone».

Luca Manfredi, dopo il successo di In Arte Nino del 2017, film tv con Elio Germano dedicato al padre, si cimenta nuovamete nel biopic, un genere che gli è particolarmente congeniale.

"Permette? Alberto Sordi": a sinistra il regista luca manfredi, a destra edoardo pesce nei panni dell'attore romano
“Permette? Alberto Sordi”: a sinistra il regista Luca Manfredi, a destra Edoardo Pesce nei panni dell’attore romano

Il grande Nino Manfredi era tuo padre, quanto ti è pesato portare un cognome così importante o, al contrario, in che modo i suoi consigli e la sua esperienza ti sono stati d’ispirazione nell’intraprendere il mestiere del regista?

Innanzitutto mio padre era un attore, io sono un regista; da giovane ero molto timido e mai avrei pensato di lavorare nel mondo del cinema, te lo dico con sincerità.

Portare un cognome così non è mai facile, il rischio del “confronto” è sempre dietro l’angolo.
Ma avendo respirato fin da bambino aria di cinema in casa, ho sempre coltivato il sogno segreto di diventare regista.

Il regista Luca Manfredi nella sua casa accanto a una foto del padre

I miei inizialmente erano di altro avviso, però, e siccome avevo uno zio che era primario nel reparto di oncologia e da ragazzo ero un tipo molto meticoloso mi vollero iscrivere a Medicina.

Ho frequentato per tre anni ma non faceva per me, così mi sono diplomato all’Istituto Europeo di Design ed ho cominciato a lavorare come copywriter per alcune agenzie pubblicitarie, fra cui lo Studio Armando Testa.

Durante la mia carriera in pubblicità ho realizzato più di cento spot tra cui quelli per la Lavazza che avevano per protagonista mio padre (celebre il claim: «Più lo mandi giù e più ti tira su», ndr).

È proprio girando questi spot insieme a lui, che alla fin fine erano una sorta di cortometraggi, che è tornata in me forte la voglia di fare cinema.

Cinema e Pubblicità, due mondi collegati che si influenzano reciprocamente…

Puoi ben dirlo! Gli studi e il lavoro nel campo della pubblicità per me sono stati fondamentali ed è grazie a loro che ho imparato l’arte del raccontare e i fondamenti della regia.

Nino Manfredi testimonial della Lavazza negli spot ideati e girati dal figlio

Non a caso alcuni spot si possono considerare dei veri e propri corti.

Il mio legame con la pubblicità è continuato anche dopo, quando ho cominciato a girare fiction e film per la tv.

Ad esempio per la prima serie che ho realizzato, che è stata Un commissario a Roma nel 1992-93, ho scritto la sceneggiatura sottoforma di fumetto (in gergo pubblicitario storyboard) con l’aiuto del bravissimo Paolo Morales.

A quale produzione sei più legato nell’ambito della tua carriera?

Ho un legame speciale con In arte Nino dove parlo di mio padre, della sua vita, dell’amore per il cinema e per mia madre (l’ex modella Erminia Ferrari, ndr). Si tratta di un film che mi ha permesso di “chiudere il cerchio” nel mio rapporto con papà.

Sono, poi, ovviamente legatissimo a quello che è il mio “ultimo figlio”, Permette? Alberto Sordi, dove cerco di raccontare un Alberto Sordi inedito, privato, giovane attore dilettante alle prese con mille difficoltà nel tentativo di sfondare.

Edoardo Pesce in una scena tratta dal film “Permette? Alberto Sordi”, presto in tv

Edoardo Pesce è un Sordi agli inizi della sua carriera, un determinato giovane uomo che combatte da solo contro tutti pur di realizzare il proprio sogno: parte per Milano per frequentare la scuola di recitazione, si innamora, cerca di inserirsi negli ambienti “giusti”, viene deriso ma non si da mai per vinto.

Un uomo con i suoi complessi – quello del “faccione” – che a volte si guarda nello specchio scoraggiato, convinto di non farcela; complessi che porterà in scena con il suo personaggio, lo speaker Guglielmo detto “il dentone” ma che di certo non gli impediranno, proprio con quel “faccione”, di entrare nelle case e nel cuore degli italiani.

E per quanto riguarda la filmografia di tuo padre, invece?

Pane e cioccolata è il mio film preferito perchè è un storia di emigrazione, quindi estremamente attuale.

La mia è stata una famiglia di migranti; il nonno di mio padre è emigrato negli Stati Uniti, dove ha lavorato per trent’anni in miniera e sua figlia (la mamma di Nino), prima di sposare mio nonno paterno, aveva vissuto tutta la sua vita in America.

Nino Manfredi nei panni di Giovanni Garofoli nel film “Pane e Cioccolata” di Franco Brusati (1974)

Che tipo era il grande Nino Manfredi?

Nino era un uomo semplice, rimasto fedele alle sue origini contadine e ciociare; il suo migliore amico lavorava come dottore in un paesino sconosciuto ai più.

Non amava particolarmente la vita mondana e da giovane partecipava raramente agli eventi (che comunque, specialmente agli inizi della sua carriera, non erano tanti).

I miei hanno dovuto fare molti sacrifici i primi tempi, ma li hanno fatti in due ed era lei (Erminia Ferrari, ndr) ad occuparsi della parte amministrativa.

Nino Manfredi e la moglie Erminia Ferrari in una foto privata, al mare

Mio padre, infatti, non era particolarmente legato al denaro e spesso partecipava a film con budget ridotti o persino senza cachet, se il progetto gli piaceva particolarmente.
Per lui recitare era una passione più che un lavoro vero e proprio.

Ciò nonostante nei suoi ruoli non lasciava nulla all’improvvisazione, era molto meticoloso. Si reputava un attore mediocre in grado di ottenere buoni risultati solo grazie al tanto studio.

Il grande regista Giuliano Montaldo (autore, fra gli altri, di Sacco e Vanzetti, Giordano Bruno e Gli intoccabili ndr) lo definiva “L’orologiaio” per la meticolosità con la quale preparava i suoi personaggi.

Comencini lo volle nel ruolo di Geppetto per il suo sceneggiato in quanto secondo lui mio padre era «l’unico attore in grado di parlare con un pezzo di legno».

Per prepararsi a quel ruolo ogni pomeriggio andava ad osservare come i nonni al parco giocavano con i loro nipotini e prendeva appunti.

Un giorno, però, vedendo una bambina che parlava con il suo bambolotto capì che doveva interpretare il personaggio non come un vecchio, bensì con il candore e l’ingenuità di un bambino.

Nino Manfredi nei panni di Geppetto nello sceneggiato “Le avventure di Pinocchio” (1972)

E Luca invece che tipo è? Come ti definisci in quanto uomo e in quanto regista?

Anch’io, come mio padre, sono abbastanza riservato; non partecipo spesso ad eventi, ecco, non mi definirei un presenzialista ma un tipo defilato.
Cerco sempre di mantenere il mio punto di vista sulle cose.
Sono dedito alla mia famiglia e al mio mestiere.

Come stai vivendo la quarantena obbligata di queste settimane?

La vedo come un’esperienza surreale, è una situazione grave che nessuno si sarebbe aspettato ma proprio per questo la collaborazione di tutti è la cosa più importante.
Bisogna stare assolutamente in casa ed aspettare che quest’emergenza passi.

Per quanto mi riguarda sto approfittando del tempo a disposizione per leggere, recuperare alcune serie tv che mi sono perso per strada e scrivere, scrivere, scrivere, la mia grande passione.

Il regista Luca Manfredi sorridente in giro per Roma prima della pandemia

Mi auguro che il Governo prenda presto provvedimenti in tal senso, perché quello della cinematografia, come turismo e ristorazione, è uno dei settori più colpiti dal covid19.
Il cinema è un lavoro che si fa in gruppo e le troupe non sono assicurate.

A breve ci sarà una riunione delle varie associazioni di categoria per quanto riguarda il difficile presente e il prossimo futuro dell’industria cinematografica.

Al momento tutte le produzioni sono ferme ma, nel mio piccolo, sto già pensando a quali potrebbero essere i miei prossimi progetti

Non perdi tempo! Ci puoi fare qualche anticipazione al riguardo o è tutto top-secret?

No-no, non è top-secret (ride)! Prima della quarantena ho cominciato a lavorare ad altri due possibili biopic ma non voglio/posso ancora rivelare il nome dei personaggi coinvolti!

Un po’ top secret mi sa che alla fine lo era allora, ahah!
Approfittiamo per ricordarvi che Permette? Alberto Sordi andrà in onda nei prossimi giorni, alle 21:25 di Martedì 24 marzo, in prima serata su Rai 1.

Il film è già molto chiacchierato su internet, fra apprezzamenti e polemiche più o meno sterili; noi di Film e Dintorni lo vedremo certamente, e voi?

Ringraziamo il simpatico Luca Manfredi per averci concesso quest’intervista.

Roberta D'Addario
Roberta D'Addariohttps://msha.ke/everycurlanidea/
Professionista digitale e essere umano in divenire. Esploro il mondo in cerca di avventure, che siano in una metropoli caotica, in mezzo a un bosco o sullo schermo del mio pc. Amante della musica, del cinema e delle lunghe passeggiate. Rincorritrice di sogni e di autobus.

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