“È incredibile che sia una storia vera”. Questo è stato il mio pensiero non appena finito di vedere Giù le mani dai gatti – Caccia ad un killer online, una miniserie documentario composta di tre puntate.
Eppure è tutto realmente accaduto, Wikipedia ce lo conferma.
Ma aspettate a correre a digitare sulle vostre tastiere e andare a cercare, perché se dovreste scoprire la storia così per come è passata alla cronaca non vi godrete il viaggio.
Poiché il tristemente protagonista della vicenda è un criminale americano sconosciuto qui da noi perciò il mio consiglio è quello di rimandare il documentarvi a dopo la visione.
Detto questo entriamo nel vivo della recensione.
I protagonisti della vicenda sono un gruppo di persone che a seguito della pubblicazione online di un video che mostra l’uccisione brutale di due gattini decidono di unirsi per trovare e denunciare l’autore del video che ben si è preoccupato di restare ovviamente nell’anonimato.
Inizia perciò un’indagine degna del miglior corpo di polizia informatica esistente, fatto di collaborazione a distanza tra utenti, di analisi di particolari del video al fine di risalire a qualsiasi indizio possibile possa essere utile alla causa.
È una caccia all’uomo via etere che ha per ricompensa la giustizia.
Una riflessione sull’uomo e sul suo compagno Internet
Questa miniserie (che dura solamente tre puntate) mette in luce le potenzialità del web a tutto tondo, mostrando due volti della stessa medaglia.
Se da una parte infatti il mondo online dà la possibilità a menti malate di emergere e di caricare in rete video con qualsiasi contenuto, dall’altra questa serie ci ha dimostrato che si può fare dello stesso un uso positivo.
Persone diverse, che vivono in posti lontani nel mondo, possono unirsi senza muoversi. Ciò che questi utenti hanno fatto, tramite il solo ausilio di un gruppo Facebook, per me resta straordinario.
Per stessa ammissione di una degli intervistati, si sono ritrovati a sentirsi parte di una famiglia, tanto il loro scopo comune li aveva uniti e tanto erano diventati l’uno per l’altro un appoggio dove trovare conforto.
Dai un nemico da combattere e unirai le genti.
Qualsiasi cosa possa dirvi in commento alla trama forse potrebbe essere considerato spoiler, quindi userò come pretesto Giù le mani dai gatti per portare una riflessione.
Mi sono sempre chiesto se il fatto di essere tutti connessi avesse avuto il demerito di creare ignoranza e stupidità o se queste due cose già esistessero e internet le abbia solo messe in luce, proponendole ad una platea numerosissima.
Perché l’uso di internet può avere – e di fatto ha avuto e avrà – diverse forme, tra cui quella di essere una rampa di lancio per il successo. C’è chi si apre un canale YouTube, ad esempio, e inizia a fare video divertenti o demenziali. Spesso le due cose vanno a braccetto.
Però di video del genere ce ne sono davvero in sovrabbondanza e a volte questo non basta più per essere famosi e attirare l’attenzione. Dunque cos’altro inventarsi?
Qualcosa di malato. Qualcosa che mai prima d’ora il web abbia visto.
Il tristemente protagonista di questa vicenda deve senza dubbio essere partito da un pensiero del genere per poi arrivare a compiere quello che ha compiuto.
E dunque il mondo di internet è malvagio, dato che dà la possibilità a persone del genere di emergere? Anzi, probabilmente è proprio internet stesso ad istigarne le intenzioni deliranti che altrimenti, senza un mezzo da cui diffonderle, magari non sarebbero neanche nate.
Oppure internet è buono, perché rende più vicini, più informati (anche se a volte male) e meno timidi?
Una risposta alla fine non credo vi sia, o meglio, non direttamente a queste domande.
Probabilmente per il web vale lo stesso principio che si può attribuire alla magia.
Non esiste magia nera o magia bianca, la magia è semplicemente un potere. È il mago a decidere se usarla a fin di bene o a fin di male, dunque al contrario esistono i maghi neri e i maghi bianchi, se vogliamo.
Così internet, perché esso è la magia più grande che noi uomini possediamo.
E l’uso che ne facciamo dipende da noi.
Giù le mani dai gatti: Regia e Finale (Senza spoiler)
Finita la parentesi riflessiva, torniamo alla serie in questione.
Ottima la conduzione della regia. L’intero progetto è costruito come fosse per l’appunto una serie tv più che un documentario, così possiamo assistere a veri e propri colpi di scena, in più di un’occasione si crea spannung.
Sebbene il racconto si sviluppi attraverso la testimonianza dei suoi interpreti principali (un uomo e una donna, i più attivi del gruppo Facebook) dunque come fosse un racconto, la storia riesce a mantenersi veloce senza annoiare anche quando il racconto narra di blocchi nelle indagini.
Come detto è in grado di creare suspance, ma sicuramente il merito di quanto detto sopra è anche e soprattutto della direzione della fotografia.
Si alternano ricostruzioni a filmati reali della polizia, primi piani dei narratori a paesaggi delle varie città toccate, occasionalmente con interviste sul caso alle forze dell’ordine.
E poi il finale è da brividi per come è stato costruito, informazioni che sono state tenute fino alla fine per essere rivelate come ultimo colpo di scena.
Indizi già dati duranti la visione ma a cui tu non dai peso e che vengono collegati nel finale attribuendogli un filo logico e sensato per mettere in luce la pazzia dell’assassino.
Devo tacere e non farvi capire troppo, perciò qui concludo.
Conclusioni
Questo show è una perla, lanciata nel mare di Netflix senza neanche troppa pubblicità ad anticiparla.
Il mio consiglio è quello di prenderne visione, data la sua durata non vi impegnerà molto ma confido possa far breccia nel vostro stupore di spettatore.
Certo non fatelo se siete di stomaco debole.
La docu-serie è brava nella censura, facendo intuire fino all’ultimo quello che accadrà ma ritraendo sul momento splatter finale la mano dopo aver lanciato il sasso, eppure anche solo immaginare quello che quell’omicida ha fatto potrebbe essere disturbante per qualcuno.
Insomma, parliamo sempre di gatti no?