Ha vinto il film sull’aborto, Sorrentino ha (e si è) commosso, la coppia Ben Affleck-Jennifer Lopez ha illuminato il – blindatissimo – red carpet.
Queste le principali notizie che, nelle scorse ore, sono circolate sul web riguardo Venezia 78. Ma molto altro ci sarebbe da dire: a cominciare dal tema molto discusso e sofferto – con una bravissima protagonista – affrontato dalla pellicola francese e dal film, rimasto in ombra rispetto al ritorno di fiamma, The last duel, scritto da Ben Affleck insieme all’amico Matt Damon e diretto da Ridley Scott.
L’événement di Audrey Diwan conquista il Leone d’oro a Venezia, dopo che un’altra regista francese, Julia Ducournau, aveva trionfato a Cannes. Due generi molto differenti – realismo e favola nera – e due protagoniste agli antipodi, le loro: una donna dall’apparenza forte, quasi da cyborg, che nasconde un’intrinseca fragilità, per la Ducournau, e una ragazza che si trova ad affrontare un problema più grande di lei, dimostrando un’incredibile determinazione, per la Diwan.
Un tema sempre molto attuale, quello dell’interruzione di gravidanza, sia per le numerose ragioni che conducono una donna a quella che è una decisione molto delicata e spesso sofferta, sia per i continui dibattiti e i revisionismi che vorrebbero togliere alle donne il diritto di scelta sul proprio corpo, a lungo sudato in occidente. Un diritto di scelta che all’universitaria Anne, protagonista di L’événement, è negato (siamo nella Francia degli anni ’60) per vie legali, ma che lei decide di ri-prendersi con il coraggio della disperazione.
Una disperazione che la accomuna a Marguerite de Carrouges, personaggio realmente esistito e vera protagonista del film The last duel di Ridley Scott (fuori concorso), scritto dalla coppia consolidata dentro – e adesso anche dietro lo schermo – Damon-Affleck.
La storia raccontata è quella di una donna del XIV secolo (Jodie Comer), moglie del cavaliere Jean de Carrouges (Damon), che afferma di essere stata stuprata dallo scudiero Jacques Le Gris (A. Driver), il quale verrà affrontato dal primo in un duello giudiziario. Ma, se il marito dovesse perire nello scontro, Marguerite verrà bruciata viva e spergiura. Cambia l’epoca, non cambiano gli uomini che decidono sul corpo delle donne. Ma il fatto che il film sia scritto da due uomini e diretto da un terzo fa ben sperare.
D’altronde la qualità dei film presentati al Festival, sia in concorso che fuori, è molto alta. L’ultima fatica di Sorrentino, È stata la mano di Dio è certamente uno dei più commentati, oltre ad aver vinto il Gran Premio della giuria.
Dopo i “felliniani” La grande bellezza e Youth, Sorrentino non si allontana troppo dallo stile di colui che più di tutti lo ha ispirato, regalandoci, questa volta, una pellicola intima e molto personale, che ci riporta all’adolescenza del regista e al triste evento che l’ha segnata, nella Napoli vivace degli anni ’80 (quella di Maradona, per intenderci). Al suo giovane protagonista è andato anche il Premio Marcello Mastroianni.
Leone d’argento per la regia ad un’altra donna, la neozelandese Jane Campion, per il western psicologico The Power of the Dog, lungometraggio dai tempi lenti, con un inquieto e inquietante Benedict Cumberbatch.
Ma non è finita qui, diversi gli altri titoli di interesse, a cominciare dal nuovo film di Pedro Almodóvar, Madres paralelas, che ha visto trionfare, neanche a dirlo, Penelope Cruz come miglior attrice. Un Servillo in stato di grazia nei panni del comico Eduardo Scarpetta in Qui rido io, di Mario Martone. Un altro film in costume, Illusions perdues, colpisce per la modernità della storia – scritta da Balzac nell’Ottocento – e la bellezza delle sue scene.
E ancora: un intenso (e fuori concorso) documentario sul maestro Ennio Morricone, scomparso lo scorso anno; America Latina dei fratelli D’Innocenzo, uno “Shining all’italiana”, con un’eccellente fotografia, che ci porta fin dentro il buio della coscienza di un uomo apparentemente arrivato; arrivato, almeno all’inizio, lo è anche il protagonista di Un Autre Monde, che mostra le crepe di un mondo, quello dei manager di azienda, e le ferite del capitalismo.
E poi c’è Gabriele Mainetti, che, dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, si conferma con i suoi Freaks out, quattro simpatici fenomeni da baraccone e artisti circensi contro il mondo sporco e brutto della guerra (e un sacco di effetti speciali, che strizzano l’occhio al cinema hollywoodiano).
Questo solo per citare alcuni dei film presenti al Festival che, sebbene abbia scontato le misure anti-covid per la limitata capienza nelle sale e il red carpet aperto solo a guardie del corpo e fotografi, è stato in grado di sancire un ritorno in grande stile del cinema italiano e internazionale e del primo nell’ambito del secondo.
«Le difficoltà negli accrediti – gli accreditati erano probabilmente troppi per i posti disponibili alle proiezioni – e le relative polemiche del pubblico sono state le uniche pecche di un festival il cui livello è stato, nel complesso, molto alto» dicono gli amici di Lanterne Magiche, associazione partner di Film e Dintorni, presente alla manifestazione.
Non resta, quindi, che gustarsi i film in e fuori concorso nelle sale, finalmente aperte e disponibili, a cominciare dal kolossal fantascientifico firmato Villeneuve Dune, al cinema dal 16 settembre e presentato anch’esso in anteprima mondiale nella splendida cornice lagunare.
Vedi l’elenco di tutti i film in gara sul sito della manifestazione
Venezia 78: i premi principali
- Leone d’oro per il miglior film: L’événement di Audrey Diwan
- Gran premio della giuria: È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino
- Leone d’argento per la miglior regia: Jane Campion per The power of the dog
- Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile: Penelope Cruz per Madres Paralelas
- Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile: John Arcilla per On the Job: The Missing 8
- Miglior sceneggiatura: Maggie Gyllenhaal per The lost daughter
- Premio Marcello Mastroianni (a un attore emergente): Filippo Scotti per È stata la mano di Dio
- Premio speciale della giuria: Il Buco di Michelangelo Frammartino
- Miglior film della sezione Orizzonti: Pilgrims di Laurynas Bareiša
- Premio Leone del futuro per la miglior opera prima: Imaculat di Monica Stan e George Chiper-Lillemark