Deborah Feldman è una donna coraggiosa.
Un personaggio che con il suo esempio può e dovrebbe ispirare milioni di giovani donne, che i vari tradizionalismi vorrebbero mettere a tacere.
Chi è costei? Stiamo parlando della scrittice di Unorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots, romanzo autobiografico che ha ispirato l’omonima serie Netflix in quattro puntate del 2020.
La miniserie è liberamente tratta dal libro della Feldman, del quale conserva tutta la carica femminista ed eversiva, nonché il coraggio della giovanissima protagonista, che nella serie si chiama Esty.
La ragazza è parte di una comunità di fede ultra-ortodossa chassidica che vive nel quartiere di Williamsburg, a Brooklyn, New York.
Come molte sue coetanee, Esty viene fatta sposare giovanissima, appena maggiorenne con un altro giovane della comunità, Yanky, attraverso la pratica del matrimonio combinato.
A lei e alle altre donne chassidiche è vietato lavorare, leggere la Tōrāh, cantare o studiare musica; l’unico compito degno di una donna è, infatti, quello di concepire dei figli e continuare così la stirpe di David, come insegnano i testi sacri.
Ma Esty non ci sta e, dopo un anno di matrimonio, decide di fuggire a Berlino, dove vive la madre Leah, anche lei scappata anni prima dalla comunità.
La sua fuga, però, non tarda ad essere scoperta e presto qualcuno si mette sulle sue tracce…
Una fragile apparenza cela un cuore da leonessa
Esther Shapiro, per gli amici Esty, è una ragazza minuta, quasi scarna, con gli occhi grandi e impauriti e l’atteggiamento spesso titubante.
Nonostante questo, è capace di una forza interiore che ha veramente dello strardinario.
Scopertasi incinta, mette da parte i soldi di nascosto e vola verso la Germania, andando contro tutti gli insegnamenti della sua comunità e lasciandosi alle spalle il mondo da lei conosciuto.
Decide, così, di ricongiungersi alla madre Leah, con la quale, per altro, ha avuto solo sporadici contatti nella sua vita, dato che la donna ha lasciato Williamsburg quando lei era molto piccola.
L’attrice che interpreta Esty, Shira Haas, ha fatto un lavoro eccelso, che le è valso la nomination per il Golden Globe come Miglior Attrice in una Miniserie, la quale non si è concretizzata solo perché si è trovata a doversi scontrare con la protagonista di un’altra miniserie targata Netflix: Anya Taylor-Joy e la sua splendida Regina di Scacchi.
Come più critici hanno affermato, quella della giovane Shira è una performance sofferta ed intensa che sarà difficile dimenticare.
Una protagonista sospesa fra due mondi
In Unorthodox, da una parte abbiamo la chiusa comunità Hasidic di Brooklin, dall’altra l’internazionale Berlino, con i suoi giovani studenti provenienti da tutto il mondo.
Il contrasto è netto ed impietoso, sebbene il contesto rigido e fortemente regolato di Williamsburg potrebbe avere un certo fascino, sia se si guarda la complessità dei costumi Hasidic, sia per il luogo multiculturale in cui si trova (New York, la città cosmopolita per eccellenza).
La dualità Berlino/Williamsburg è in qualche modo rispecchiata dai due protagonisti: l’indipendente Esty ed il fragile Yanky, suo marito, che, al contrario di lei, non ha il coraggio di ribellarsi alle rigide regole Hasidic ed alla forte ingerenza della comunità nelle scelte di vita dei singoli.
Tutto questo sebbene ciò renda infelice lui e ancora di più la sua giovane moglie.
Menzione d’onore per Amit Rahav, l’attore che lo ha interpretato, il quale riesce a far provare empatia per un personaggio che avrebbe potuto facilmente risultare detestabile.
Una storia di emancipazione che passa attraverso il corpo
Molta importanza assume in Unorthodox il corpo femminile, inizialmente coperto, poi mortificato – attraverso la rasatura dei capelli, il giorno del matrimonio – perché fonte di peccato.
In seguito liberato dalla parrucca e dagli abiti castigati e sovrapposti durante un bagno con alcuni ragazzi del conservatorio conosciuti in Germania, in una sorta di “battesimo laico”.
Successivamente esaltato, truccato – la scena del rossetto è emblematica – in una scoperta e finalmente trovata femminilità.
Quel corpo, il corpo di Esty, non è più di proprietà di Dio, del marito o della comunità, ma è di Esty ed Esty soltanto, che finalmente può appropriarsene e decidere consapevolmente cosa farne.
Un passaggio fondamentale, che passa attraverso la conoscenza del mondo al di fuori Williamsburg, che si traduce, per la protagonista, in una rinnovata conoscenza di sé.
Riassumendo: Unorthodox, perché guardarla?
Perché guardare questa miniserie tedesco-statunitense?
Perché fa luce su una realtà sociale poco conosciuta che, sebbene criticabile, rende chiaro quanto ancora del mondo ci sia da scoprire.
Perché la macchina da presa quasi sparisce per farci apprezzare in toto la storia.
Una storia di coraggio, di tradizioni e di modernità.
Una storia al femminile, ma apprezzabile da chiunque.