Messaggio al Primo Ministro – o The National Anthem, secondo il titolo originale – è la prima puntata della prima stagione di Black Mirror, serie Netflix sulle peggiori paure legate allo sviluppo tecnologico, che ha fatto tanto parlare di sé e riflettere.
In questa sede analizzeremo a fondo le dinamiche e la morale di cui lo scioccante episodio si è fatto portavoce.
Ovviamente per comprendere appieno tale analisi occorre aver già guardato la puntata, in primis per il contenuto spoiler dell’articolo.
Messaggio al Primo Ministro (The National Anthem)
L’episodio ci fa subito entrare nel vivo della vicenda: un messaggio sveglia il primo ministro inglese Michael Callow, che dopo essere stato convocato al palazzo del governo apprende la notizia che la principessa Susannah, duchessa di Bonmont, è stata rapita.
Il rapitore ha dunque destinato a lui un messaggio personale, chiedendo un particolare riscatto affinché la donna sia rilasciata: un rapporto sessuale in diretta nazionale con un maiale.
Questa possibilità è dapprima un’idea che tutti aborrano, viste le importanti implicazioni psicologiche e sociali che un tale accadimento porterebbe, ma più si va avanti e più essa inizia a diventare concreta.
È questa la trappola che l’autore dell’episodio ha preparato per il suo pubblico: il continuo chiedersi se effettivamente quanto richiesto dal rapitore si realizzerà o meno, se un solo uomo senza identità e senza un’apparente motivazione sia capace di poter piegare un sistema mediatico e politico semplicemente attraverso un paio di video.
Prima di arrivare a scoprire la risposta a questo quesito però, il percorso dell’episodio ci mostra molto altro, ad iniziare dal rapporto tra web e televisione.
Una gara tra velocità e conferme: Internet vs vecchi media
È questo l’aspetto che vogliamo di seguito approfondire, perché la puntata ci mostra un aspetto preciso del nostro tempo.
Dopo aver compreso che non si tratta di uno scherzo di dubbio gusto, il primo ordine di Michael è quello di tenere nascosto il video così come la notizia del suo arrivo, in modo che nessuno sappia.
Viene, però, subito informato che il mezzo tramite cui è stato recapitato al governo inglese è lo stesso con cui è arrivato al resto del mondo: YouTube.
Dubitiamo davvero di dover spiegare cosa sia, ma nel caso ci fosse ancora qualcuno estraneo alle dinamiche di questo social network vi basti sapere che YouTube è una piattaforma libera dove ogni utente con grandissima facilità ha la possibilità di caricare video su qualsiasi contenuto. Sì, anche un filmato che ritrae una donna rapita, legata e costretta a lanciare un messaggio minatorio ad una delle più alte cariche di stato.
Ci viene detto che il video è stato rimosso neanche dieci minuti dopo il suo caricamento a causa delle policy della piattaforma, ma ciò non è bastato ad impedire che diventasse virale, a causa delle copie che la gente aveva fatto e ricaricato sui social. La stima delle persone che avevano visto quel video era di 50.000 utenti in neanche mezza giornata.
L’unica opzione disponibile al governo a quel punto era quella di censurare almeno le televisioni, imponendo il veto di trasmettere e menzionare la clip incriminata.
In un primo momento le emittenti sembrano rispettare questa imposizione, mostrandoci una prima differenza tra mondo online e media convenzionali: non si può arginare una notizia sul web, quanto invece si possa fare per le redazioni fisiche.
La news, però, è troppo succosa per essere taciuta al grande pubblico, per citare la giornalista nell’episodio: “È come se stesse capitando l’11 Settembre e noi stessimo parlando di ricette da cucina”.
Nella corsa alla notizia, ovviamente qualsiasi testata o redazione televisiva vorrebbe essere la prima a riportare il fatto, in modo da prendersi l’esclusiva.
Messaggio al Primo Ministro…e al mondo intero!
Il Vaso di Pandora si scoperchia quando una delle redazioni infrange il veto. Come un effetto domino, tutte le altre emittenti seguono a ruota la prima e in men che non si dica su tutte le tv nazionali inizia a circolare la notizia del grande affronto fatto al premier britannico.
Questo dà una svolta alla vicenda.
Internet si sa, è pieno delle cosiddette “fake news”, notizie false, inesatte o mal riportate. Proprio per la sua caratteristica di essere un “mondo libero” chiunque può caricare quello che vuole con l’intento di ingannare il prosimo.
Non solo, anche chi è in buona fede può condividere notizie false, poiché le crede vere e non si rende conto che è stato a sua volta ingannato da altri.
La puntata ci mostra chiaramente come tra la gente serpeggi il dubbio. Non tutti credono che quanto hanno visto online sia vero, la possibilità che si tratti di una bufala o di un video montato ad arte è ben più che concreta. La massa è divisa.
Se tutto fosse rimasto così, chi può dirlo, magari la notizia non avrebbe fatto scandalo e le cose sarebbero andate in modo diverso. Però, poi, entrano in gioco i telegiornali.
Le televisioni godono di un’autorità decisamente superiore rispetto al web, in quanto è riconosciuta una professionalità maggiore ai giornalisti rispetto a blogger e influencer ed una più spiccata attenzione alla veridicità dei fatti all’interno delle redazioni.
Il dubbio viene dissipato in favore di ciò che è effettivamente verità: se persino un’autorità nel campo dell’informazione afferma che sia così, allora deve essere così! La notizia del rapimento della principessa, quindi, è vera.
Tutta la massa si convince della concretezza della minaccia.
Questo è il rapporto tra il mondo delle “notizie tascabili” e quello delle “notizie da un microfono”: le prime sono ancora subordinate alle seconde, poiché il secondo è appannaggio dei professionisti, mentre il primo è un campo aperto a chiunque.
È risaputo che si tende a considerare meno autorevole chi non ha uno status di professionalità certificato.
I tre infermieri, totem di simbologia
Durante il corso degli eventi della puntata ci sono tre particolari spettatori all’interno di un ospedale in cui lavorano in qualità di infermieri. Si tratta di una ragazza bionda, un giovane alto e dai capelli arruffati e un secondo ragazzo dai modi sgraziati.
È nostro parere che questi tre soggetti abbiano una valenza metaforica e che in quel momento non siano effettivamente tre personaggi, quanto la rappresentazione di altrettanti modi di pensiero e stati d’animo insiti in chi sta guardando l’episodio.
I tre assistono allo sviluppo della vicenda attraverso lo schermo di un televisore, esattamente come ogni altro spettatore di Black Mirror e ad essa reagiscono in modi ben diversi l’uno dall’altro.
Soprattutto nel momento in cui l’atto osceno con il maiale arriva in diretta mondiale, assumono espressioni diverse – che ci danno tempo di analizzare grazie ad uno slow motion – . Uno è schifato, uno è sorpreso, un altro sembra addirittura compiaciuto per l’umiliazione subita dal Primo Ministro.
Possibile che sia il modo in cui gli spettatori della puntata abbiano reagito?
Messaggio al Primo Ministro: la scelta sofferta
Siamo, infine, giunti alla conclusione dell’episodio, alla risposta alla domanda madre della puntata, a quegli ultimi cinque minuti che stravolgono tutto. Sebbene questa volta non stravolgano nulla.
Tutto sembra andare come da previsione: il Primo Ministro si piega al volere del rapitore, mettendo da parte l’orgoglio per distruggere – con tutta probabilità – la sua carriera politica ma non la sua entità di uomo che sa quale sia la scelta più giusta da adottare quando in palio c’è una vita da salvare. A maggior ragione se la vita in questione è per pubblica opinione considerata più importante delle altre.
Ecco dunque lo show che ormai tutti – spettatori di Black Mirror compresi – si aspettavano: il rapporto carnale tra Michael e la scrofa, di cui il primo accuserà le conseguenze psicologiche già a pochi minuti dalla sua conclusione, quando lo vediamo vomitare nel gabinetto dello studio dove era andata in onda la diretta.
Ma se non era l’interruzione dell’atto il colpo di scena, allora qual è? E qual è il senso di questo episodio?
Dov’è l’insegnamento da poter trarre?
Esattamente dopo la scena del vomito. Siamo entrati negli ultimi cinque minuti.
La dimostrazione di un punto.
Il “braccio destro” del primo ministro, Alex Cairns, riceve una chiamata dal capo della polizia, che le rende nota la notizia che la principessa è stata effettivamente liberata dal suo rapitore ed è ora al sicuro.
Il suo rilascio, tuttavia, sembra essere avvenuto mezz’ora prima della data stabilita per l’inizio della diretta e dunque del rapporto con il maiale. Inoltre c’è di più, il dito che l’uomo aveva fatto recapitare ai media millantando fosse quello della principessa da lui stesso mutilato,apparteneva, in realtà, ad un uomo, secondo quanto stabilito dal test del dna – e che noi spettatori sappiamo appartenere al rapitore stesso -.
Quando la donna chiederà, in maniera legittima, il perché l’uomo non abbia rispettato quanto detto, l’altro risponderà (testualmente):
“Beh, penso che abbia scelto il momento in cui tutti erano distratti”
(“MY GUESS, HE KNEW EVERYONE WOULD BE ELSEWHERE, WHATCHING SCREEN”).
A quel punto ecco che arriva l’illuminazione, rivelata a noi spettatori dalle labbra della donna:
“Dunque era una dimostrazione. Era questo il suo scopo: voleva dimostrare un punto”
(“SO IT’S A STATEMENT. THAT’S WHAT THIS WAS ALL ABOUT, ABOUT MAKING A POINT”).
Lo scopo del rapinatore, così come quello del regista dietro l’episodio, era dare a tutti una dimostrazione. È dunque il momento di chiederci cosa esattamente ci abbiano voluto dimostrare.
A nostro parere, la risposta è molto semplice e, trattandosi della la prima puntata, anche emblematica della serie stessa.
Ce lo hanno mostrato con delle panoramiche di una città svuotata dalle persone, nessuno in strada, nessuno nei parchi, nessuno da nessun’altra parte che non contemplasse una televisione o un dispositivo collegato ad internet.
Se solo qualcuno non si fosse fatto “catturare” dallo schermo, avrebbero potuto trovare Susannah e interrompere lo scempio che il Primo Ministro si sarebbe apprestato a compiere in diretta nazionale.
Tutti erano troppo distratti, presi davanti allo schermo, per capire cosa stesse accadendo al di fuori, nella vita vera.
Una cruda metafora dei nostri tempi.