Sydney Sibilia colpisce ancora e lo fa portando sullo schermo un fatto realmente accaduto, che è anche una storia incredibile: L’incredibile Storia dell’Isola delle Rose.
Il regista non è nuovo a personaggi “sopra le righe”, che vedono la disobbedienza come atto necessario a preservare la propria dignità e a dare corpo alle proprie ambizioni.
Basti pensare al graffiante Smetto Quando Voglio, comico affresco della precarietà dei trentenni di oggi, con una soluzione narrativa brillante “alla Breaking Bad”.
Nel suo nuovo film, Sibilia racconta la vicenda di Giorgio Rosa, ingegnere idealista che negli anni ’60 costruisce la propria isola al largo delle coste italiane, dichiarandola nazione indipendente.
E lo fa con una commedia dallo stile vivace e spensierato, che ricorda per temi e ambientazione I Love Radio Rock dell’inglese Richard Curtis.
Lo sfidante compito di prestare volto e voce ad un così singolare – quanto reale – personaggio è affidato ad Elio Germano, talento versatile, uno dei migliori del cinema italiano contemporaneo.
Germano – che è romanissimo – assume in questo film un convincente accento emiliano, essendo l’ingegner Rosa originario della città di Bologna.
A dargli manforte, dei comprimari vivaci ed affiatati: la bella e brava Matilda De Angelis (recentemente anche a fianco di Hugh Grant e Nicole Kidman in The Undoing), il teatrante Leonardo Lidi e l’affascinante Tom Wlaschiha in un ruolo assai diverso da quello che l’ha reso noto al grande pubblico (l’uomo senza volto Jaqen H’ghar ne Il Trono di Spade).
Menzione d’onore per l’esilarante Fabrizio Bentivoglio nel ruolo del Ministro dell’Interno Franco Restivo, iracondo oppositore di una realtà – quella dell’isola – che rappresenta un pericoloso precedente nella geopolitica internazionale.
Utopia, creatività e anarchia ne L’Isola delle Rose
Il Sessantotto: «Giorni di velluto e poesie, disastri e utopie» cantavano i Negrita in una loro canzone dall’iconico titolo 1989, altro anno clue per quanto riguarda i movimenti e le rivolte giovanili, in uno strano simbolismo dei numeri (89 non è altro che 68 al contrario, graficamente parlando).
Il Giorgio Rosa di Sidney Sibilia è proprio l’incarnazione di quella spinta utopistica, di quella lotta generazionale contro l’omologazione e lo status-quo che ha caratterizzato la fine degli anni ’60.
Idealista e sognatore, il giovane ingegnere interpretato da Elio Germano non ci sta a vivere una vita come quella del padre, abbassando la testa e “dicendo sempre di sì”, così dice di “No!” ad una carriera sicura, ma poco entusiasmante, ad un’esistenza tranquilla, ma priva di slancio creativo (e della donna amata).
Con il vecchio amico e compagno di studi Maurizio Orlandini, Giorgio decide di costruire una piattaforma marittima al largo delle coste di Rimini, 500 metri al di fuori delle acque territoriali italiane, dove nessuno può rompere loro le balle. Uno Stato libero e aperto a tutti, nel vero senso della parola.
In breve l'”isola” comincia ad essere frequentata, viene dotata di una lingua ufficiale (l’esperanto), di un governo formato dai due fondatori, una diciannovenne incinta, una naufrago e un apolide tedesco; viene fornita di una moneta e di un’emissione postale.
Ma quelli che “rompono” non tardano ad arrivare e hanno le vesti istituzionali del Presidente del Consiglio e del Ministro degli Interni italiano, i quali non possono permettere un precedente così pericoloso, tanto più ad opera di cittadini ed in prossimità di un paese già difficilmente governabile.
L’ingegner Rosa, “sopra le righe”, ma incorruttibile e saldo nei suoi princìpi, decide allora di partire per Strasburgo e di chiedere l’aiuto (e il riconoscimento) della Commissione Europea…
Libertà relativa ed assoluta
Tema centrale de L’Isola delle Rose, legato a doppio filo ai precedenti, è quello della libertà.
La libertà è un concetto astratto e di difficile definizione, ma forse proprio per questo così affascinante.
Giorgio Rosa decide di fondare la propria isola perché vuole essere libero, libero dai dettami di una società che tende ad annichilire l’estro creativo e a temere le diversità.
Poi, però, in una sorta di cortocircuito ideologico, si ritova a chiedere il riconoscimento del neonato Stato alla Comunità Europea, ente rappresentativo di quel sistema che, in prima istanza, sembrava voler rifiutare.
Questa contraddizione viene fatta notare dall’Onorevole Franco Restivo, il personaggio più fastidioso dell’intero film, cui è affidato l’ingrato compito di far riflettere lo spettatore circa l’impossibilità della libertà assoluta.
Lo stesso Giorgio, infatti, pur sottraendosi agli obblighi imposti dallo Stato italiano, con la decisione di fondare uno Stato indipendente, si trova invischiato in una rete di vincoli, relazioni – e, in definitiva, problematiche – internazionali.
La società umana e il nostro stesso pianeta, in quanto sistemi, si fondano su una serie di interdipendenze a cui è impossibile sfuggire, come sembra rammentarci la voce roca e a tratti stridula del Ministro.
La libertà, come tutte le utopie, è, quindi, qualcosa di irraggiungibile a cui l’essere umano anela e che genera un moto costante, ma è proprio l’energia di questa ricerca continua – con l’entusiasmo e la passione che genera – a costituirne essenza.
Cosa c’è di vero nella storia de L’Isola delle Rose e cosa no
Isola delle Rose era il nome effettivamente dato alla piattaforma artificiale progettata e realizzata dall’ingegnere Giorgio Rosa 11.612 metri al largo delle coste di Rimini.
La piattaforma aveva un’estensione di 400 m² e la sua costruzione durò nove anni, dal 1958 al 1967, quindi ben oltre il tempo mostrato nel film, questo a causa delle condizioni meteo e del mare che resero impossibile lavorarci molte ore alla settimana.
L’Isola delle Rose, pur dandosi una lingua ufficiale (l’esperanto), un governo, una moneta e un’emissione postale, non fu mai riconosciuta da alcun Paese come nazione indipendente.
L’ingegner Rosa era nato nel 1925 e, all’epoca dei fatti, era un professionista affermato, non il giovane ingegnere neo-iscritto all’albo mostrato nel film.
Similmente, era già sposato con la sua Gabriella, i due, infatti, convolarono a nozze nel 1960.
La vicenda dell’Isola delle Rose è stata considerata per decenni come un semplice tentativo di “colonizzazione” del mare per ottenere vantaggi di tipo economico e solo in anni recenti sono state riscoperte le ragioni utopiche che ne hanno determinato la genesi.
Per evitare che accadesse di nuovo un episodio del genere, comunque, come d’altronde è riportato nei titoli di coda del film, l’ONU decise di spostare il confine delle acque nazionali da 6 a 12 miglia.